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Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
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SistriForum - Il social network italiano sui rifiuti :: Questioni generali :: Classificazione :: Attribuzione del codice CER
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Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Gli stati fisici che si incontrano nel mondo dei certificati dei rifiuti sono 4:
1 - solido polverulento,
2 - solido non polverulento,
3 - fangoso palabile,
4 - liquido.
(tralascio la distinzione di 7 stati fisici che doveva essere prevista dal sistri, dove c'erano anche "sciropposo" ecc...)
Ho dovuto approfondire la cosa e mi sarei aspettato di trovare una norma ben precisa che stabilisse i "confini" dello stato fisico 2 piuttosto che il 3 ecc..., ma non ho trovato nulla al riguardo; mi sarei aspettato la distinzione sul 152, ma non mi risulta ci sia; unica cosa il DM 148 dell' 1 aprile 1998 "Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti...", ma anche qui non ci sono definizioni degli stati fisici, è scritto solo che i rifiuti presi in carico vanno distinti in base ad uno degli stati di cui sopra.
Quindi mi domando:
1) il "battezzare" un rifiuto con un determinato stato fisico è lasciato a discrezione del laboratorio analisi/soggetto che compila il FIR/soggetto che riporta il movimento sul registro carico-scarico?
Certo distinguere un liquido da un solido polverulento è semplice, ma nei casi che mi capitano, in cui va distinto un solido non polverulento (2)(composto da materiali "sciolti", quale può essere un vaglio 19.08.01) da un palabile (3), il confine diventa spesso labile.
Inoltre non trovo risposta ad un'altra domanda:
2) il laboratorio analisi che effettua la caratterizzazione analitica del rifiuto è tenuto ad emettere un certificato che riporti esattamente uno dei 4 stati fisici? O può distinguere tra il solo "solido" o "liquido"?
Ringrazio a chi vorrà darmi delucidazioni in merito
1 - solido polverulento,
2 - solido non polverulento,
3 - fangoso palabile,
4 - liquido.
(tralascio la distinzione di 7 stati fisici che doveva essere prevista dal sistri, dove c'erano anche "sciropposo" ecc...)
Ho dovuto approfondire la cosa e mi sarei aspettato di trovare una norma ben precisa che stabilisse i "confini" dello stato fisico 2 piuttosto che il 3 ecc..., ma non ho trovato nulla al riguardo; mi sarei aspettato la distinzione sul 152, ma non mi risulta ci sia; unica cosa il DM 148 dell' 1 aprile 1998 "Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti...", ma anche qui non ci sono definizioni degli stati fisici, è scritto solo che i rifiuti presi in carico vanno distinti in base ad uno degli stati di cui sopra.
Quindi mi domando:
1) il "battezzare" un rifiuto con un determinato stato fisico è lasciato a discrezione del laboratorio analisi/soggetto che compila il FIR/soggetto che riporta il movimento sul registro carico-scarico?
Certo distinguere un liquido da un solido polverulento è semplice, ma nei casi che mi capitano, in cui va distinto un solido non polverulento (2)(composto da materiali "sciolti", quale può essere un vaglio 19.08.01) da un palabile (3), il confine diventa spesso labile.
Inoltre non trovo risposta ad un'altra domanda:
2) il laboratorio analisi che effettua la caratterizzazione analitica del rifiuto è tenuto ad emettere un certificato che riporti esattamente uno dei 4 stati fisici? O può distinguere tra il solo "solido" o "liquido"?
Ringrazio a chi vorrà darmi delucidazioni in merito
AndreaAL- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Conoscere, rispettare e "amare" le normative vigenti è una gran bella cosa, ma pretendere che esista un codicillo che ci spieghi anche la metodologia tecnica con la quale soffiarci il naso, mi sembra francamente eccessivo....
E ancor più eccessivo è pretendere di trovare distinzioni "tecniche" in un decreto legislativo che, per sua stessa natura, non può essere altro che un atto che tratteggia il settore di intervento in modo generale, rimandando giustappunto a "norme tecniche" la puntuale definizione di specifici parametri.
Circa lo stato fisico del rifiuto, la regola tecnica necessaria per definirlo è l'osservazione visiva, e francamente non serve altro.
Un insieme di materiali sciolti (sassi, detriti, sabbie ecc..) come appunto quello che residua da un vaglio non potrà mai essere un fango, visto che una delle prime caratteristiche del fango è quella di essere una matrice indistinta di consistenza, appunto fangosa.
Proprio come il fango che si forma nelle pozzanghere su di una strada sterrata.
E ancor più eccessivo è pretendere di trovare distinzioni "tecniche" in un decreto legislativo che, per sua stessa natura, non può essere altro che un atto che tratteggia il settore di intervento in modo generale, rimandando giustappunto a "norme tecniche" la puntuale definizione di specifici parametri.
Circa lo stato fisico del rifiuto, la regola tecnica necessaria per definirlo è l'osservazione visiva, e francamente non serve altro.
Un insieme di materiali sciolti (sassi, detriti, sabbie ecc..) come appunto quello che residua da un vaglio non potrà mai essere un fango, visto che una delle prime caratteristiche del fango è quella di essere una matrice indistinta di consistenza, appunto fangosa.
Proprio come il fango che si forma nelle pozzanghere su di una strada sterrata.
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isamonfroni- Moderatrice
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
AndreaAL ha scritto:Gli stati fisici che si incontrano nel mondo dei certificati dei rifiuti sono 4:
1 - solido polverulento,
2 - solido non polverulento,
3 - fangoso palabile,
4 - liquido.
(tralascio la distinzione di 7 stati fisici che doveva essere prevista dal sistri, dove c'erano anche "sciropposo" ecc...)
Ho dovuto approfondire la cosa e mi sarei aspettato di trovare una norma ben precisa che stabilisse i "confini" dello stato fisico 2 piuttosto che il 3 ecc..., ma non ho trovato nulla al riguardo; mi sarei aspettato la distinzione sul 152, ma non mi risulta ci sia; unica cosa il DM 148 dell' 1 aprile 1998 "Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti...", ma anche qui non ci sono definizioni degli stati fisici, è scritto solo che i rifiuti presi in carico vanno distinti in base ad uno degli stati di cui sopra.
Quindi mi domando:
1) il "battezzare" un rifiuto con un determinato stato fisico è lasciato a discrezione del laboratorio analisi/soggetto che compila il FIR/soggetto che riporta il movimento sul registro carico-scarico?
Certo distinguere un liquido da un solido polverulento è semplice, ma nei casi che mi capitano, in cui va distinto un solido non polverulento (2)(composto da materiali "sciolti", quale può essere un vaglio 19.08.01) da un palabile (3), il confine diventa spesso labile.
Inoltre non trovo risposta ad un'altra domanda:
2) il laboratorio analisi che effettua la caratterizzazione analitica del rifiuto è tenuto ad emettere un certificato che riporti esattamente uno dei 4 stati fisici? O può distinguere tra il solo "solido" o "liquido"?
Ringrazio a chi vorrà darmi delucidazioni in merito
Straquoto Isa ed aggiungo che penso non sia difficile riconoscere una polvere (tipo coca), da un materiale eterogeneo non ridotto in polvere (tipo una pietra), da un fango (tipo pantano) ad un liquido (tipo il vino)
CROCIDOLITE- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Se ho posto questa domanda è proprio perché mi sono trovato in situazioni, ripeto, di confine, in cui uno stesso rifiuto veniva caratterizzato da Tizio come 2 e da Caio come 3 in quanto, differentemente da quanto detto sopra, esistono rifiuti (come ad esempio un vaglio, che può non essere affatto composto da materiali sciolti e ben distinguibili, ma presentarsi come un indistinto groviglio di ogni genere di cosa ) possono essere tutt'altro che definiti in maniera univoca.
Da cui la necessità di cercare una norma precisa e che non "soffra" della soggettività di ognuno, ben lungi dal voler fare il pedante.
Sebbene per moltissimi rifiuti la distinzione possa essere fatta con certezza, ve ne sono altri per cui questo non è così semplice.
Questa è per lo meno ciò che mi capita.
Da cui la necessità di cercare una norma precisa e che non "soffra" della soggettività di ognuno, ben lungi dal voler fare il pedante.
Sebbene per moltissimi rifiuti la distinzione possa essere fatta con certezza, ve ne sono altri per cui questo non è così semplice.
Questa è per lo meno ciò che mi capita.
AndreaAL- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
.... "indistinto groviglio di ogni genere di cosa", ovvero rifiuto disomogeneo = rifiuto non campionabile in modo rappresentativo = analisi priva di senso
Non trovi riferimenti nella norma rifiuti ma, in parte, da altre parti: ADR, metodiche ufficiali di campionamento sono le prime che mi vengono in mente.
Non trovi riferimenti nella norma rifiuti ma, in parte, da altre parti: ADR, metodiche ufficiali di campionamento sono le prime che mi vengono in mente.
homer- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
= analisi priva di senso
Faccio presente che nell'esempio mi riferivo al vaglio da depurazione acque, che sebbene disomogeneo come dicevo, va caratterizzato per lo smaltimento e quindi analizzato.
Campionato in punti differenti cercando di ricostruire un campione che sia rappresentativo.
Altrimenti secondo questa logica un rifiuto del genere non potrebbe essere analizzato e quindi neanche smaltito.
AndreaAL- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Visto che la norma UNI 10802 è a pagamento, prova a dare un’occhiata a questa pubblicazione:
http://www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2008/campionamento.pdf
http://www.ambientediritto.it/dottrina/Dottrina_2008/campionamento.pdf
Hope- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
se parliamo di 190801 è non pericoloso a priori, non necessita di analisi di classificazione, e per quanto si cerchi di operare bene il campionamento non sarà mai rappresentativo e l'analisi sarà priva di senso, che poi molti colleghi si prestino a fare queste cose lo so bene
homer- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Il problema tuttavia è che nelle autorizzazioni degli impianti che smaltiscono il vaglio, l'obbligo dell'analisi c'è.
Poi comunque non capisco il dubbio sullo stato fisico del vaglio, alla fine trattasi di carta, plastica, stracci, cottonfioc (ora quasi scomparsi), calcare, etc etc.
Poi comunque non capisco il dubbio sullo stato fisico del vaglio, alla fine trattasi di carta, plastica, stracci, cottonfioc (ora quasi scomparsi), calcare, etc etc.
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marcosperandio- Moderatore
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
homer ha scritto:se parliamo di 190801 è non pericoloso a priori, non necessita di analisi di classificazione, e per quanto si cerchi di operare bene il campionamento non sarà mai rappresentativo e l'analisi sarà priva di senso, che poi molti colleghi si prestino a fare queste cose lo so bene
come si può vedere, quotato dall'inizio alla fine, punteggiatura compresa.
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sto ancora cercando un aforisma che mi identifichi senza confondimenti indesiderati, ma non c'è.
Aurora Brancia- Moderatrice
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
In soldoni, il mio problema è:
ho un rifiuto, CER 190801 "vaglio";
per smaltirlo devo caratterizzarlo;
è un rifiuto nato da una mescolanza di tante cose;
Tizio sulla caratterizzazione analitica scrive "stato fisico - fangoso palabile 3"
Non lo faccio più caratterizzare a Tizio ma inizio a lavorare con Caio che sulle sue analisi inizia a scrivere "solido non polverulento";
Nel frattempo ho rapporti con un terzo, Sempronio, che per rifiuti che non sono solo il vaglio, sulle sue caratterizzazioni scrive sempre allo stato fisico solo una di due opzioni: "solido" o "liquido".
Visto che siamo soggetti a controlli, mi domandavo, se oggi mi viene un qualcuno a controllare può sollevare osservazioni circa lo stato fisico che, a leggere i certificati, sembra che vada variando?
E quindi c'è un modo univoco per stabilire uno stato fisico?
E inoltre è corretto distinguere solo tra solido e liquido?
Dalle mie ricerche non avevo trovato risposta.
Stando a quanto leggo, mi sembra effettivamente che la determinazione dello stato fisico sia cosa data per scontata vista la (in genere, o almeno apparentemente) "semplicità" della determinazione.
AndreaAL- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
AndreaAL ha scritto:
In soldoni, il mio problema è:
ho un rifiuto, CER 190801 "vaglio";
per smaltirlo devo caratterizzarlo;
Ecco, è questo che io non capisco: perchè "devi" caratterizzarlo? è un Codice CER univoco, non c'è alcun tipo di rifiuto per così dire a specchio, e in ogni caso il vaglio prodotto da un impianto di trattamento acque reflue è di certo solido perchè un vaglio, prescindendo dalla maglia, certamente non trattiene i liquidi, apposta si usano!
A meno che tu non mandi per principio sempre tutto in discarica, in quel caso ci siamo che ti tocca la caratterizzazione: ma dopo quella "di base" basta una volta l'anno. E però, in questo caso ti suggerisco di pensare seriamente a soluzioni che siano alternative al tombamento...
Ora, per come posso immaginare io le cose leggendo ciò che scrivi, tenderei a pensare che talvolta insieme al vaglio, che è ripeto certamente solido, siano stati mescolati anche i residui del dissabbiaggio, che del loro sono fangosi perchè nelle sabbie l'acqua viene parzialmente ritenuta, ma anche palabili perchè per l'appunto la parte liquida è solo residuale. E però, in quest'ultimo caso il codice CER del dissabbiaggio è/sarebbe il 19 08 02, anch'esso NP di défault, ma non per questo mescolabile (non scrivo miscelabile altrimenti si esplode il monitor...) con il parente stretto 19 08 01, pur se entrambi NP.
Ora, se stai chiedendo come non farti fare chiose sullo smaltimento del vaglio e del dissabbiaggio, a me pare opportuno che ciascun rifiuto sia eliminato singolarmente, cosa che non giurerei sia avvenuta costantemente sempre-sempre giudicando da ciò che leggo, anche perchè i destini ambientalmente compatibili sono evidentemente differenti, attese le caratteristiche merceologiche differenti: merceologiche, dico, non dico che sia necessario arrivare a quelle chimiche ...
Quando si metterà a fuoco che se ci sono codici diversi per cose apparentemente simili è proprio perchè non sono affatto "simili" ma solo di simile origine con diverso destino, chissà, magari...
Per esempio, può darsi che in talune zone il vaglio possa andare a termovalorizzazione e/o in cogenerazione e i rifiuti di dissabbiatura anche in R5, ed in altri no: ma non c'è necessità di analisi chimiche - se non per l'eventuale utilizzo come R5 per sottofondi che richiede il test di cessione -e comunque nei referti analitici anche merceologici oltre lo stato fisico, dove può essere sufficiente distinguere solido da liquido, va anche indicato l'aspetto ed eventualmente il colore del rifiuto. Anche a costo di dover scrivere <colore: variabile perchè funzione del materiale vagliato>.
Per contro, i residui da sabbiatura sono piuttosto costanti come colorazione, a seconda dell'area geologico-geografica di raccolta, e variano per quanto ricordi io da beige scuro al grigio scuro.
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Aurora Brancia- Moderatrice
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Dalla mia esperienza il vaglio i liquidi li trattiene eccome. Perché contiene una varietà materiali (pressoché irriconoscibili) filamentosi, pastosi, stracci, ecc..., che si impregnano. Il contenuto in secco varia molto in base a macchinari a valle delle griglie, come ad esempio l'uso di compattatori.è di certo solido perchè un vaglio, prescindendo dalla maglia, certamente non trattiene i liquidi, apposta si usano!
Nessun 190801 viene neanche lontanamente mescolato con un 190802. E comunque da quanto ho sempre potuto vedere mediamente una sabbia (se si usa un classificatore intendo) ha un contenuto in secco più alto di un vaglio, visto il maggiore contenuto di inerti che tende a trattenere meno liquidi, non viceversa.tenderei a pensare che talvolta insieme al vaglio, che è ripeto certamente solido, siano stati mescolati anche i residui del dissabbiaggio, che del loro sono fangosi perchè nelle sabbie l'acqua viene parzialmente ritenuta, ma anche palabili perchè per l'appunto la parte liquida è solo residuale
Comunque mi sembra che dalla domanda iniziale si sia finiti lontano. Il punto era solo che in quel "certo solido" non trovo riscontro. Perché appunto mi sembra ormai chiaro che la determinazione dello stato solido è lasciata liberamente al caratterizzatore.
AndreaAL- Utente Attivo
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Data d'iscrizione : 03.08.10
Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Andrea, tornando a bomba.
Da un punto di vista squisitamente chimico/fisico, la materia può presentare esclusivamente 3 stati fisici che sono: solido/liquido/aeriforme.
E il classico esempio che hanno fatto a tutti fin dalla terza elementare è la materia H2O, che possiamo trovare nei 3 stati:
solido=ghiaccio
liquido= acqua
aeriforme = vapore acqueo
ma sempre di H2O si tratta.
Per quanto riguarda i rifiuti l'indicazione dello stato fisico è evidentemente disgiunta dal dato chimico fisico ma attiene esclusivamente a criteri merceologici, (e non potrebbe neppure essere diversamente), per questo motivo si sono inventati 4 stati fisici (e con il sistri addirittura 7).
Forse, anzichè stato fisico che certamente può trarre in inganno il purista della chimica avrebbero potuto chiamarlo "aspetto", "presentazione" o che so io.
Tornando a noi, non esistono criteri di legge per definire quando una cosa è solida e quando è fangosa.
L'unico criterio da seguire, peraltro logico, è legato proprio al ciclo produttivo del rifiuto.
Un fango è qualcosa che precipita da una soluzione/sospensione acquosa
quindi sono fanghi quelli dei trattamenti chimico fisici (anche filtropressati al punto da diventare mattonelle, sempre fanghi restano), lo sono quelli dei trattamenti biologici, i fanghi derivanti da operazioni di precipitazione, nell'ambito di un processo chimico ecc...
Da un punto di vista squisitamente chimico/fisico, la materia può presentare esclusivamente 3 stati fisici che sono: solido/liquido/aeriforme.
E il classico esempio che hanno fatto a tutti fin dalla terza elementare è la materia H2O, che possiamo trovare nei 3 stati:
solido=ghiaccio
liquido= acqua
aeriforme = vapore acqueo
ma sempre di H2O si tratta.
Per quanto riguarda i rifiuti l'indicazione dello stato fisico è evidentemente disgiunta dal dato chimico fisico ma attiene esclusivamente a criteri merceologici, (e non potrebbe neppure essere diversamente), per questo motivo si sono inventati 4 stati fisici (e con il sistri addirittura 7).
Forse, anzichè stato fisico che certamente può trarre in inganno il purista della chimica avrebbero potuto chiamarlo "aspetto", "presentazione" o che so io.
Tornando a noi, non esistono criteri di legge per definire quando una cosa è solida e quando è fangosa.
L'unico criterio da seguire, peraltro logico, è legato proprio al ciclo produttivo del rifiuto.
Un fango è qualcosa che precipita da una soluzione/sospensione acquosa
quindi sono fanghi quelli dei trattamenti chimico fisici (anche filtropressati al punto da diventare mattonelle, sempre fanghi restano), lo sono quelli dei trattamenti biologici, i fanghi derivanti da operazioni di precipitazione, nell'ambito di un processo chimico ecc...
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isamonfroni- Moderatrice
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
Anche a me risulta che non esista alcuna norma che prescriva quali siano i valori di riferimento per stabilire esattamente la distinzione tra gli stati fisici di un rifiuto.AndreaAL ha scritto:Gli stati fisici che si incontrano nel mondo dei certificati dei rifiuti sono 4:
1 - solido polverulento,
2 - solido non polverulento,
3 - fangoso palabile,
4 - liquido.
(tralascio la distinzione di 7 stati fisici che doveva essere prevista dal sistri, dove c'erano anche "sciropposo" ecc...)
Ho dovuto approfondire la cosa e mi sarei aspettato di trovare una norma ben precisa che stabilisse i "confini" dello stato fisico 2 piuttosto che il 3 ecc..., ma non ho trovato nulla al riguardo; mi sarei aspettato la distinzione sul 152, ma non mi risulta ci sia; unica cosa il DM 148 dell' 1 aprile 1998 "Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti...", ma anche qui non ci sono definizioni degli stati fisici, è scritto solo che i rifiuti presi in carico vanno distinti in base ad uno degli stati di cui sopra.
Quindi mi domando:
1) il "battezzare" un rifiuto con un determinato stato fisico è lasciato a discrezione del laboratorio analisi/soggetto che compila il FIR/soggetto che riporta il movimento sul registro carico-scarico?
Certo distinguere un liquido da un solido polverulento è semplice, ma nei casi che mi capitano, in cui va distinto un solido non polverulento (2)(composto da materiali "sciolti", quale può essere un vaglio 19.08.01) da un palabile (3), il confine diventa spesso labile.
Inoltre non trovo risposta ad un'altra domanda:
2) il laboratorio analisi che effettua la caratterizzazione analitica del rifiuto è tenuto ad emettere un certificato che riporti esattamente uno dei 4 stati fisici? O può distinguere tra il solo "solido" o "liquido"?
In merito, ti passo un interessante contributo di alcuni tecnici di ARPA Emilia Romagna:
http://www.arpa.emr.it/cms3/documenti/_cerca_doc/ecoscienza/ecoscienza2011_5e6/gramellini_billi_2_es5e6_2011.pdf
Ovviamente la citazione è limitata a quello che nel testo è indicato come "Caso I", perché se qui affrontiamo anche il "Caso II" non ne usciamo più...
Per venire alla tua seconda domanda: la scelta "tassativa" tra uno dei quattro stati fisici è prevista nella compilazione del formulario e del registro, tant'è vero che per semplicare le cose ai compilatori basta inserire il "numerino corrispondente".
Nella redazione di un certificato di caratterizzazione ci si potrebbe/dovrebbe aspettare un minimo di professionalità in più, ma evidentemente non è così per tutti i certificatori o non tutti ritengono necessario un particolare approfondimento sul punto, se per qualcuno l'opzione è unicamente tra "solido" e "liquido"...
zorba- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
E infatti.isamonfroni ha scritto:Un fango è qualcosa che precipita da una soluzione/sospensione acquosa
quindi sono fanghi quelli dei trattamenti chimico fisici (anche filtropressati al punto da diventare mattonelle, sempre fanghi restano), lo sono quelli dei trattamenti biologici, i fanghi derivanti da operazioni di precipitazione, nell'ambito di un processo chimico ecc...
Anche per me i "fanghi" sono residui melmosi derivati da processi tecnologici vari (non solo di depurazione delle acque reflue), con una consistenza sostanzialmente omogenea ed una composizione generalmente rappresentativa sotto il profilo analitico.
Personalmente, mai e poi mai definirei "fangoso palabile" il rifiuto prodotto dal vaglio in un impianto di trattamento delle acque reflue, che è uno dei rifiuti più eterogenei che riesca ad immaginare, essendo costituito dall'accozzaglia di tutto quello che il caso fortuito o l'inciviltà della società possono far cadere all'interno di una condotta delle acque reflue (imballaggi, pezzi di legno, plastiche, sfridi di materiali vari, stracci, rifiuti vegetali, ecc. ecc.).
zorba- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
occhio che le norme ci sono: l'ADR fornisce tutti i riferimenti, non certamente le disposizioni sui rifiuti.
Però senza entrare in tecnicismi esagerati, i colleghi "caratterizzatori" fanno un bel pò di pasticci e spesso non fanno il piccolo sforzo di descrivere la realtà di fronte ai loro occhi: "materiale solido eterogeneo di consistenza e pezzatura variabile, costituito da frammenti di manufatti in plastica, tessuto, legno etc; tenore in acqua variabile in funzione della capacità di assorbimento del singolo materiale". Questo potrebbe essere un punto di partenza? Che ne dite?
Però senza entrare in tecnicismi esagerati, i colleghi "caratterizzatori" fanno un bel pò di pasticci e spesso non fanno il piccolo sforzo di descrivere la realtà di fronte ai loro occhi: "materiale solido eterogeneo di consistenza e pezzatura variabile, costituito da frammenti di manufatti in plastica, tessuto, legno etc; tenore in acqua variabile in funzione della capacità di assorbimento del singolo materiale". Questo potrebbe essere un punto di partenza? Che ne dite?
homer- Utente Attivo
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
beh, sì, però ragionando su rifiuti non pericolosi l'ADR non sempre entra in giocohomer ha scritto:occhio che le norme ci sono: l'ADR fornisce tutti i riferimenti, non certamente le disposizioni sui rifiuti.
homer ha scritto:Però senza entrare in tecnicismi esagerati, i colleghi "caratterizzatori" fanno un bel pò di pasticci e spesso non fanno il piccolo sforzo di descrivere la realtà di fronte ai loro occhi: "materiale solido eterogeneo di consistenza e pezzatura variabile, costituito da frammenti di manufatti in plastica, tessuto, legno etc; tenore in acqua variabile in funzione della capacità di assorbimento del singolo materiale". Questo potrebbe essere un punto di partenza? Che ne dite?
questo te lo quoto a raffica!
In fondo è quello che abbiamo cercato di dire all'amico che ha posto il quesito.
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Re: Identificazione dello stato fisico di un rifiuto
zorba ha scritto: Personalmente, mai e poi mai definirei "fangoso palabile" il rifiuto prodotto dal vaglio in un impianto di trattamento delle acque reflue, che è uno dei rifiuti più eterogenei che riesca ad immaginare, essendo costituito dall'accozzaglia di tutto quello che il caso fortuito o l'inciviltà della società possono far cadere all'interno di una condotta delle acque reflue (imballaggi, pezzi di legno, plastiche, sfridi di materiali vari, stracci, rifiuti vegetali, ecc. ecc.).
personalmente nemmeno io.
E neppure mi viene voglia di invocare una norma tecnica che mi dica che cosa è un fango........
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