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Dubbi inserimento punti di campionamento nelle analisi del Piano di monitoraggio
2 partecipanti
SistriForum - Il social network italiano sui rifiuti :: Questioni generali :: Classificazione :: Pericolosità dei rifiuti
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Dubbi inserimento punti di campionamento nelle analisi del Piano di monitoraggio
Buongiorno a Voi, anzitutto vi ringrazio in anticipo per le informazioni che fornite soprattutto ai neofiti come me.
Sono "fresco" nel mondo dei rifiuti ed oltretutto da poche settimane seguo una realtà aziendale che gestisce rifiuti, entrata in regime AIA.
A tal proposito, in una ispezione Arpa, il Gruppo Ispettivo ha rilevato che le emissioni diffuse, dovute al transito di veicoli (per il carico e scarico rifiuti in ingresso ed uscita), inizialmente indicate in planimetria presentata in fase elaborativa, non sono stati successivamente riportati nell'autorizzazione ed infatti questi punti di campionamento non sono contemplati nel Piano di Monitoraggio. Lo stesso G.I. ha riportato in relazione conclusiva quanto segue :
"si evidenzia tale criticità all'Autorità Competente al fine di valutare l'opportunità di inserire il monitoraggio nel PM".
Mi pare di capire che dunque dovremmo attendere un loro parere (che ad oggi a distanza di mesi ancora non è giunto), per sapere se inserire tale monitoraggio nel Piano.
Ora mi chiedo, se tale risposta non dovesse arrivare vale il silenzio assenso o no? E se nei prossimi controlli ci richiedessero i risultati dei suddetti campionamenti, l'azienda è sanzionabile per inadempienza, o ci si può rivalere sulla mancata comunicazione che sarebbe dovuta venire da loro?
Grazie ancora, buona giornata
Sono "fresco" nel mondo dei rifiuti ed oltretutto da poche settimane seguo una realtà aziendale che gestisce rifiuti, entrata in regime AIA.
A tal proposito, in una ispezione Arpa, il Gruppo Ispettivo ha rilevato che le emissioni diffuse, dovute al transito di veicoli (per il carico e scarico rifiuti in ingresso ed uscita), inizialmente indicate in planimetria presentata in fase elaborativa, non sono stati successivamente riportati nell'autorizzazione ed infatti questi punti di campionamento non sono contemplati nel Piano di Monitoraggio. Lo stesso G.I. ha riportato in relazione conclusiva quanto segue :
"si evidenzia tale criticità all'Autorità Competente al fine di valutare l'opportunità di inserire il monitoraggio nel PM".
Mi pare di capire che dunque dovremmo attendere un loro parere (che ad oggi a distanza di mesi ancora non è giunto), per sapere se inserire tale monitoraggio nel Piano.
Ora mi chiedo, se tale risposta non dovesse arrivare vale il silenzio assenso o no? E se nei prossimi controlli ci richiedessero i risultati dei suddetti campionamenti, l'azienda è sanzionabile per inadempienza, o ci si può rivalere sulla mancata comunicazione che sarebbe dovuta venire da loro?
Grazie ancora, buona giornata
Matthew123- Membro della community
- Messaggi : 22
Data d'iscrizione : 15.12.17
nessuno può aiutarmi?
Nessuno può darmi delle indicazioni?
Matthew123 ha scritto:Buongiorno a Voi, anzitutto vi ringrazio in anticipo per le informazioni che fornite soprattutto ai neofiti come me.
Sono "fresco" nel mondo dei rifiuti ed oltretutto da poche settimane seguo una realtà aziendale che gestisce rifiuti, entrata in regime AIA.
A tal proposito, in una ispezione Arpa, il Gruppo Ispettivo ha rilevato che le emissioni diffuse, dovute al transito di veicoli (per il carico e scarico rifiuti in ingresso ed uscita), inizialmente indicate in planimetria presentata in fase elaborativa, non sono stati successivamente riportati nell'autorizzazione ed infatti questi punti di campionamento non sono contemplati nel Piano di Monitoraggio. Lo stesso G.I. ha riportato in relazione conclusiva quanto segue :
"si evidenzia tale criticità all'Autorità Competente al fine di valutare l'opportunità di inserire il monitoraggio nel PM".
Mi pare di capire che dunque dovremmo attendere un loro parere (che ad oggi a distanza di mesi ancora non è giunto), per sapere se inserire tale monitoraggio nel Piano.
Ora mi chiedo, se tale risposta non dovesse arrivare vale il silenzio assenso o no? E se nei prossimi controlli ci richiedessero i risultati dei suddetti campionamenti, l'azienda è sanzionabile per inadempienza, o ci si può rivalere sulla mancata comunicazione che sarebbe dovuta venire da loro?
Grazie ancora, buona giornata
Matthew123- Membro della community
- Messaggi : 22
Data d'iscrizione : 15.12.17
Re: Dubbi inserimento punti di campionamento nelle analisi del Piano di monitoraggio
Ok.
partiamo dal principio che nessuna ARPA ha potere dispositivo nè autorizzativo in materia di AIA, che è un buon inizio.
Poi, passiamo a considerare che - ragionevolmente - quella stessa ARPA dovrebbe aver svolto il proprio ruolo di consulente istituzionale della sua regione nel percorso di rilascio dell'AIA in parola, quindi ci poteva pensare al momento giusto.
Inoltre, il parametro "PM" come Particulate Matter non è del tutto contemplato in ambito emissivo, ma regolamentato solo tra i parametri dell'aria ambiente outdoor tout court, per le emissioni si parla di "polveri", senza alcun tipo di selezione dimensionale, quindi verosimilmente in emissione parliamo delle cosiddette "polveri totali sospese", che includono granulometrie dimensionalmente ben maggiori delle "PM10" arrivando alle PM100.
Infine, le "emissioni di polveri diffuse" non hanno in tutto il 152/06 un solo valore numerico di limiti, nemmeno per le attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti , figuriamoci ...
Il tutto, per tacere l'evidenza del fatto che all'interno del perimetro aziendale la normativa di riferimento è il d.lgs. 81/08, dove per quanto attiene la presenza di "polveri" non altrimenti identificabili si fa riferimento alla valutazione del c.d. rischio chimico (rectius, rischio di esposizione a sostanze pericolose), che è di ben 10 mg/m3 (quindi, da non vederci a 5 mt!) proprio per la frazione toracica con granulometria < 10 micron.
Quindi, al massimo massimo il monitoraggio di cui ciancia l'arpa dovrebbe riguardare l'esterno del perimetro aziendale... ma all'esterno come si fa a dire che le PM rilevate e dosate siano o meno dipendenti/provenienti da quella certa attività oppure anche da quelle insistenti nella medesima area industriale? perchè ritengo verosimile che questo impianto di trattamento rifiuti soggetto ad AIA non sia - unico e solo - in una zona residenziale urbana dove abbia senso normativo, prima ancora che scientifico, parlare di PM.
In ogni caso, fino a che il piano di monitoraggio prescritto è quello che state seguendo ora, può venire anche maometto in persona ma non può pretendere nemmeno una virgolettina di più né di diverso.
E tieniti da conto questa risposta, che contiene anche una cospicua serie di dritte sul come l'azienda potrà reagire qualora l'ente autorizzante si facesse molto impropriamente forzare la mano dagli "Ispettori".
partiamo dal principio che nessuna ARPA ha potere dispositivo nè autorizzativo in materia di AIA, che è un buon inizio.
Poi, passiamo a considerare che - ragionevolmente - quella stessa ARPA dovrebbe aver svolto il proprio ruolo di consulente istituzionale della sua regione nel percorso di rilascio dell'AIA in parola, quindi ci poteva pensare al momento giusto.
Inoltre, il parametro "PM" come Particulate Matter non è del tutto contemplato in ambito emissivo, ma regolamentato solo tra i parametri dell'aria ambiente outdoor tout court, per le emissioni si parla di "polveri", senza alcun tipo di selezione dimensionale, quindi verosimilmente in emissione parliamo delle cosiddette "polveri totali sospese", che includono granulometrie dimensionalmente ben maggiori delle "PM10" arrivando alle PM100.
Infine, le "emissioni di polveri diffuse" non hanno in tutto il 152/06 un solo valore numerico di limiti, nemmeno per le attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti , figuriamoci ...
Il tutto, per tacere l'evidenza del fatto che all'interno del perimetro aziendale la normativa di riferimento è il d.lgs. 81/08, dove per quanto attiene la presenza di "polveri" non altrimenti identificabili si fa riferimento alla valutazione del c.d. rischio chimico (rectius, rischio di esposizione a sostanze pericolose), che è di ben 10 mg/m3 (quindi, da non vederci a 5 mt!) proprio per la frazione toracica con granulometria < 10 micron.
Quindi, al massimo massimo il monitoraggio di cui ciancia l'arpa dovrebbe riguardare l'esterno del perimetro aziendale... ma all'esterno come si fa a dire che le PM rilevate e dosate siano o meno dipendenti/provenienti da quella certa attività oppure anche da quelle insistenti nella medesima area industriale? perchè ritengo verosimile che questo impianto di trattamento rifiuti soggetto ad AIA non sia - unico e solo - in una zona residenziale urbana dove abbia senso normativo, prima ancora che scientifico, parlare di PM.
In ogni caso, fino a che il piano di monitoraggio prescritto è quello che state seguendo ora, può venire anche maometto in persona ma non può pretendere nemmeno una virgolettina di più né di diverso.
E tieniti da conto questa risposta, che contiene anche una cospicua serie di dritte sul come l'azienda potrà reagire qualora l'ente autorizzante si facesse molto impropriamente forzare la mano dagli "Ispettori".
_________________
sto ancora cercando un aforisma che mi identifichi senza confondimenti indesiderati, ma non c'è.
Aurora Brancia- Moderatrice
- Messaggi : 3848
Data d'iscrizione : 02.09.11
Età : 71
Località : Napoli
Re: Dubbi inserimento punti di campionamento nelle analisi del Piano di monitoraggio
Gentilissima, recupero subito i riferimenti normativi.
Grazie ancora
Grazie ancora
Aurora Brancia ha scritto:Ok.
partiamo dal principio che nessuna ARPA ha potere dispositivo nè autorizzativo in materia di AIA, che è un buon inizio.
Poi, passiamo a considerare che - ragionevolmente - quella stessa ARPA dovrebbe aver svolto il proprio ruolo di consulente istituzionale della sua regione nel percorso di rilascio dell'AIA in parola, quindi ci poteva pensare al momento giusto.
Inoltre, il parametro "PM" come Particulate Matter non è del tutto contemplato in ambito emissivo, ma regolamentato solo tra i parametri dell'aria ambiente outdoor tout court, per le emissioni si parla di "polveri", senza alcun tipo di selezione dimensionale, quindi verosimilmente in emissione parliamo delle cosiddette "polveri totali sospese", che includono granulometrie dimensionalmente ben maggiori delle "PM10" arrivando alle PM100.
Infine, le "emissioni di polveri diffuse" non hanno in tutto il 152/06 un solo valore numerico di limiti, nemmeno per le attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti , figuriamoci ...
Il tutto, per tacere l'evidenza del fatto che all'interno del perimetro aziendale la normativa di riferimento è il d.lgs. 81/08, dove per quanto attiene la presenza di "polveri" non altrimenti identificabili si fa riferimento alla valutazione del c.d. rischio chimico (rectius, rischio di esposizione a sostanze pericolose), che è di ben 10 mg/m3 (quindi, da non vederci a 5 mt!) proprio per la frazione toracica con granulometria < 10 micron.
Quindi, al massimo massimo il monitoraggio di cui ciancia l'arpa dovrebbe riguardare l'esterno del perimetro aziendale... ma all'esterno come si fa a dire che le PM rilevate e dosate siano o meno dipendenti/provenienti da quella certa attività oppure anche da quelle insistenti nella medesima area industriale? perchè ritengo verosimile che questo impianto di trattamento rifiuti soggetto ad AIA non sia - unico e solo - in una zona residenziale urbana dove abbia senso normativo, prima ancora che scientifico, parlare di PM.
In ogni caso, fino a che il piano di monitoraggio prescritto è quello che state seguendo ora, può venire anche maometto in persona ma non può pretendere nemmeno una virgolettina di più né di diverso.
E tieniti da conto questa risposta, che contiene anche una cospicua serie di dritte sul come l'azienda potrà reagire qualora l'ente autorizzante si facesse molto impropriamente forzare la mano dagli "Ispettori".
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