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Interventi di manutenzione su condotte in cemento amianto
4 partecipanti
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Interventi di manutenzione su condotte in cemento amianto
Salve a tutti,
quello che mi interessava condividere con gli altri operatori del settore e con i responsabili del forum o meglio ancora con qualche responsabile di ASL, Polizia Stradale o altro ente istituzionale, riguarda le corrette modalità operative, rispettose della normativa sui rifiuti, che debbono essere messe in pratica quanto si interviene per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria di emergenza su condotte in cemento amianto.
Per illustrare appieno la specifica casistica vi faccio alcune doverose premesse:
a) trattasi un di appalto pubblico che vede come committente una delle tante multiutility che gestiscono il servizio idrico in Italia e come affidataria un'impresa di costruzioni (con tanto di SOA, iscritta all'Albo trasportatori C.T., iscritta alla Categoria 10A, 1, 2, 4 e 5 dell'Albo gestori ambientali ecc.);
b) il servizio idrico e di conseguenza l'appalto, si estente su tutto il territorio gestisto dalla multiutility che comprende più comuni ed alle volte, se il territorio è molto esteso, può interessare anche più province;
c) il servizio idrico a cui si riferisce l'appalto è un pubblico servizio che viene erogato dalla multiutility agli utenti finali (i cittadini), attraverso una fitta rete di tubature interrare (infrastruttura a rete), che percorrono la quasi totalità delle strade comunali e provinciali, e che nei tratti più vetusti sono realizzate anche in fibrocemento contenente amianto;
d) essendo un appalto di manutenzione, quest'ultimo comprende appunto le attività di manutenzione straordinaria in emergenza (quindi non programmata) delle reti interrate (per intenderci, la classica tubatura dell'acqua che si rompe e l'impresa che viene chiamata dalla multiutility ad interviene immediatamente per effettuare la riparazione e rispristinare il servizio idrico);
e) gli interventi sono realizzati in pronto intervento con servizio di reperibilità H24, per cui puo capitare benissimo (e capita parecchie volte) di operare fuori l'orario di lavoro, per cui di notte e/o nei giorni festivi;
f) come anticipato, l'infrastruttura a rete comprende anche molteplici tratti in fibrocemento contenente amianto, questa tipologia di tubature anche di diametro consistente, sono spesso interessate da improvvise rotture e vanno quindi riparate immediatamente per il ripristino del servizio idrico, in qualsiasi orario e contesto operativo (di solito sempre in strada).
Ora fatte queste premesse, va precisato che in caso di intervento su condotte in fibrocemento contenente amianto:
1) é stato redatto un regolare Piano di Lavoro "APERTO", precedentemente presentato ed ampiamente condiviso con l'ASL o l'ASUR di competenza;
2) viene inviato all'ufficio preposto dell'ASL o dell'ASUR competente per territorio, il fax con il quale si comunicano tutti i dati riferiti all'intervento e ciò contestualmente con la partenza della squadra operativa in servizio (quindi prima di procedere con l'intervento);
3) tutte le lavorazioni sulla tubazione (che alle volte continua a perdere perchè l'acqua non si riesce a chiudere) vengono eseguite dal personale abilitato, nel migliore dei modi possibile, rispettanto la normativa relativa agli interventi su materiali contenenti amianto.
A questo punto arrivano le problematiche legate alla gestione del materiale in cemento amianto rimosso per effettuare la riparazione (spezzoni di tubo non più lunghi di 2 mt, se non addirittura frammenti dello stesso tubo, che si è per esempio frantumato con la pressione dell'acquedotto dando luogo alla perdita).
Come gestire la famosa confezione in polietilene delle dimensioni molto limitate contenente il rifiuto di cemento amianto, alle volte di solo qualche chilo, rispettando la normativa ambientale e del codice della strada, tenendo tra l'altro ben in considerazione le condizioni logistico-operative in cui ci potrebbe trovare?
Facciamo un esempio pratico, magari estremizzandolo per poter evidenziare tutte le problematiche operative che si incontrano e come affrontarle.
Sono le due di notte di un giorno festivo (purtroppo capita anche questo), si è appena effettuata una riparazione su una tubazione in fibrocemento contenente amianto interrata, posta manco a dirlo, al centro di una strada ad alta intensità di traffico, con tutte le difficoltà del caso siè confezionato lo spezzone di tubo rimosso e devo gestirlo come rifiuto.
Sicuramente non è possibile lasciare il "rifiuto" dove è stato prodotto, (come indica la normativa) in quanto dopo aver riparato la condotta (sostituzione del tratto di tubo in fibeocemento danneggiato con un tubo di altro materiale), si deve procedere con la chiusura dello scavo per ripristinare il servizio idrico e la circolazione stradale.
Per cui una volta confezionato a dovere il rifiuto, il personale lo sposta dallo zona di scavo al bordo strada (sul marciapiede o in un'aiuola limitrofa) delimitandolo e segnalandolo adeguatamente (come consigliano alcuni), effettuando un semplice spostamento e non effettuando un trasporto del rifiuto (quindi l'impresa "dovrebbe essere in regola"?) ma lasciando sicuramente un rifiuto pericoloso seppur confezionato, etichettato e delimitato alla mercè di chiunque passi di lì, non potendo logicamente lasciare una persona a sorvergliare il rifiuto fino alla sua rimozione definitiva per il conferimento a discarica.
Allora si preferisce caricare i rifiuto sull'autocarro, che è autorizzato ed è dotato della famosa "black box" del Sistri, ma per portarlo dove però? Sicuramente non in discarica perchè questa è chiusa, è un giorno festivo e tra l'altro sono le due di notte, inoltre portare dell'amianto in discarica non è così semplice, ci sono giorni ed orari ben prestabiliti ed alle volte occorre prenotare lo scarico con largo anticipo, per di più la quantità talmente irrisoria, da non giustificare l'organizzazione di uno specifico trasporto anche per via dei costi insostenibili.
Per cui si potrebbe optare per il trasporto presso la sede dell'impresa, ma purtroppo l'appalto che l'impresa si è aggiudicata è fuori regione per cui in quel contesto operativo si usufruisce solamente di un deposito logistico provvisorio, allestito di tutto punto per il ricovero di mezzi, per il deposito dei materiali e con tutti gli apprestamenti igienici per il personale, ma non certamente autorizzato per il depostito temporaneo di rifiuti (il solo rilascio di un eventuale autorizzazione, se concessa, potrebbe richiedere più tempo dello stesso appalto, inoltre essendo territorialmente non coincidente con la sede dell'azienda non avrebbe senso richiedere tale autorizzazione).
Facendo riferimento all'art. 230 del 152/2006, allora potremmo considerare il nostro deposito logistico provvisorio un'area facente parte del cantiere in cui insiste l'infrastruttura a rete ed assimilarlo al luogo di produzione o alla sede dell'azienda.
Sede dell'azienda sembrerebbe di no, in quanto questo deposito essendo limitatamente provvisorio nel tempo non risulta certo nella visura camerale per cui non può essere considerato sede o deposito aziendale fisso.
Luogo di produzione? Forse si, forse no; c'è chi interpreta in un modo chi in un'altro e le sentenze sembrano più orientate verso il no.
Se il deposito logistico del cantiere non è assimilabile al luogo di produzione e non è autorizzato, l'impresa non può portarci il rifiuto, quindi non potendolo portare ne in discarica (chiusa), ne nella sede aziendale (troppo lontana), ne al deposito (non autorizzato); per essere in regola devo effettivamente lasciare il sacchetto con l'amianto "per strada" il più vicino possibile alla zona della riparazione?
Se invece il deposito logistico del cantiere è assimilabile al luogo di produzione, per effettuare fisicamente il trasporto del rifiuto dalla zona di scavo/prelievo al deposito, che in teoria sono lo stesso contesto operativo ma che in pratica sono due luoghi distanti fra loro; cosa deve predisporre a livello di documentazione di trasporto? Predispone un FIR? scrivendoci cosa? Se al contrario non deve produrre alcun documento e nel tragitto l'autocarro viene fermato da Polizia Stradale, Carabinieri e/o Guardia di Finanza, per un normale controllo cosa possono contestargli?
Diciamo che ci si arrende e per non incorrere in sanzioni si evita di utilizzare il buon senso, si continua ad effettuare le riparazioni sul cemento amianto e si lasciano diversi sacchetti contenenti amianto sparsi per la città in attesa del trasporto definitivo alla discarica appena questa acconsente al conferimento; a questo punto come si gestisce dal punto di vista della documentazione e del Sistri tutta l'attività di raccolta dei sacchetti nei vari punti di intervento? Si predispongono tanti FIR quanti punti di prelievo? E sul discorso del "percorso più breve", come ci si comporta?
Capisco benissimo che il legislatore non può addentrarsi nel merito di una casistica assai ampia e variegata, è anche vero però, che l'impresa dovrebbe essere messa nelle condizioni di poter operara nella consapevolezza che quello che sta facendo sia corretto e non la esponga a sanzioni amministrative e/o di rilievo penale.
Attendo fiducioso se non delle risposte delle condivisioni sui dubbi.
quello che mi interessava condividere con gli altri operatori del settore e con i responsabili del forum o meglio ancora con qualche responsabile di ASL, Polizia Stradale o altro ente istituzionale, riguarda le corrette modalità operative, rispettose della normativa sui rifiuti, che debbono essere messe in pratica quanto si interviene per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria di emergenza su condotte in cemento amianto.
Per illustrare appieno la specifica casistica vi faccio alcune doverose premesse:
a) trattasi un di appalto pubblico che vede come committente una delle tante multiutility che gestiscono il servizio idrico in Italia e come affidataria un'impresa di costruzioni (con tanto di SOA, iscritta all'Albo trasportatori C.T., iscritta alla Categoria 10A, 1, 2, 4 e 5 dell'Albo gestori ambientali ecc.);
b) il servizio idrico e di conseguenza l'appalto, si estente su tutto il territorio gestisto dalla multiutility che comprende più comuni ed alle volte, se il territorio è molto esteso, può interessare anche più province;
c) il servizio idrico a cui si riferisce l'appalto è un pubblico servizio che viene erogato dalla multiutility agli utenti finali (i cittadini), attraverso una fitta rete di tubature interrare (infrastruttura a rete), che percorrono la quasi totalità delle strade comunali e provinciali, e che nei tratti più vetusti sono realizzate anche in fibrocemento contenente amianto;
d) essendo un appalto di manutenzione, quest'ultimo comprende appunto le attività di manutenzione straordinaria in emergenza (quindi non programmata) delle reti interrate (per intenderci, la classica tubatura dell'acqua che si rompe e l'impresa che viene chiamata dalla multiutility ad interviene immediatamente per effettuare la riparazione e rispristinare il servizio idrico);
e) gli interventi sono realizzati in pronto intervento con servizio di reperibilità H24, per cui puo capitare benissimo (e capita parecchie volte) di operare fuori l'orario di lavoro, per cui di notte e/o nei giorni festivi;
f) come anticipato, l'infrastruttura a rete comprende anche molteplici tratti in fibrocemento contenente amianto, questa tipologia di tubature anche di diametro consistente, sono spesso interessate da improvvise rotture e vanno quindi riparate immediatamente per il ripristino del servizio idrico, in qualsiasi orario e contesto operativo (di solito sempre in strada).
Ora fatte queste premesse, va precisato che in caso di intervento su condotte in fibrocemento contenente amianto:
1) é stato redatto un regolare Piano di Lavoro "APERTO", precedentemente presentato ed ampiamente condiviso con l'ASL o l'ASUR di competenza;
2) viene inviato all'ufficio preposto dell'ASL o dell'ASUR competente per territorio, il fax con il quale si comunicano tutti i dati riferiti all'intervento e ciò contestualmente con la partenza della squadra operativa in servizio (quindi prima di procedere con l'intervento);
3) tutte le lavorazioni sulla tubazione (che alle volte continua a perdere perchè l'acqua non si riesce a chiudere) vengono eseguite dal personale abilitato, nel migliore dei modi possibile, rispettanto la normativa relativa agli interventi su materiali contenenti amianto.
A questo punto arrivano le problematiche legate alla gestione del materiale in cemento amianto rimosso per effettuare la riparazione (spezzoni di tubo non più lunghi di 2 mt, se non addirittura frammenti dello stesso tubo, che si è per esempio frantumato con la pressione dell'acquedotto dando luogo alla perdita).
Come gestire la famosa confezione in polietilene delle dimensioni molto limitate contenente il rifiuto di cemento amianto, alle volte di solo qualche chilo, rispettando la normativa ambientale e del codice della strada, tenendo tra l'altro ben in considerazione le condizioni logistico-operative in cui ci potrebbe trovare?
Facciamo un esempio pratico, magari estremizzandolo per poter evidenziare tutte le problematiche operative che si incontrano e come affrontarle.
Sono le due di notte di un giorno festivo (purtroppo capita anche questo), si è appena effettuata una riparazione su una tubazione in fibrocemento contenente amianto interrata, posta manco a dirlo, al centro di una strada ad alta intensità di traffico, con tutte le difficoltà del caso siè confezionato lo spezzone di tubo rimosso e devo gestirlo come rifiuto.
Sicuramente non è possibile lasciare il "rifiuto" dove è stato prodotto, (come indica la normativa) in quanto dopo aver riparato la condotta (sostituzione del tratto di tubo in fibeocemento danneggiato con un tubo di altro materiale), si deve procedere con la chiusura dello scavo per ripristinare il servizio idrico e la circolazione stradale.
Per cui una volta confezionato a dovere il rifiuto, il personale lo sposta dallo zona di scavo al bordo strada (sul marciapiede o in un'aiuola limitrofa) delimitandolo e segnalandolo adeguatamente (come consigliano alcuni), effettuando un semplice spostamento e non effettuando un trasporto del rifiuto (quindi l'impresa "dovrebbe essere in regola"?) ma lasciando sicuramente un rifiuto pericoloso seppur confezionato, etichettato e delimitato alla mercè di chiunque passi di lì, non potendo logicamente lasciare una persona a sorvergliare il rifiuto fino alla sua rimozione definitiva per il conferimento a discarica.
Allora si preferisce caricare i rifiuto sull'autocarro, che è autorizzato ed è dotato della famosa "black box" del Sistri, ma per portarlo dove però? Sicuramente non in discarica perchè questa è chiusa, è un giorno festivo e tra l'altro sono le due di notte, inoltre portare dell'amianto in discarica non è così semplice, ci sono giorni ed orari ben prestabiliti ed alle volte occorre prenotare lo scarico con largo anticipo, per di più la quantità talmente irrisoria, da non giustificare l'organizzazione di uno specifico trasporto anche per via dei costi insostenibili.
Per cui si potrebbe optare per il trasporto presso la sede dell'impresa, ma purtroppo l'appalto che l'impresa si è aggiudicata è fuori regione per cui in quel contesto operativo si usufruisce solamente di un deposito logistico provvisorio, allestito di tutto punto per il ricovero di mezzi, per il deposito dei materiali e con tutti gli apprestamenti igienici per il personale, ma non certamente autorizzato per il depostito temporaneo di rifiuti (il solo rilascio di un eventuale autorizzazione, se concessa, potrebbe richiedere più tempo dello stesso appalto, inoltre essendo territorialmente non coincidente con la sede dell'azienda non avrebbe senso richiedere tale autorizzazione).
Facendo riferimento all'art. 230 del 152/2006, allora potremmo considerare il nostro deposito logistico provvisorio un'area facente parte del cantiere in cui insiste l'infrastruttura a rete ed assimilarlo al luogo di produzione o alla sede dell'azienda.
Sede dell'azienda sembrerebbe di no, in quanto questo deposito essendo limitatamente provvisorio nel tempo non risulta certo nella visura camerale per cui non può essere considerato sede o deposito aziendale fisso.
Luogo di produzione? Forse si, forse no; c'è chi interpreta in un modo chi in un'altro e le sentenze sembrano più orientate verso il no.
Se il deposito logistico del cantiere non è assimilabile al luogo di produzione e non è autorizzato, l'impresa non può portarci il rifiuto, quindi non potendolo portare ne in discarica (chiusa), ne nella sede aziendale (troppo lontana), ne al deposito (non autorizzato); per essere in regola devo effettivamente lasciare il sacchetto con l'amianto "per strada" il più vicino possibile alla zona della riparazione?
Se invece il deposito logistico del cantiere è assimilabile al luogo di produzione, per effettuare fisicamente il trasporto del rifiuto dalla zona di scavo/prelievo al deposito, che in teoria sono lo stesso contesto operativo ma che in pratica sono due luoghi distanti fra loro; cosa deve predisporre a livello di documentazione di trasporto? Predispone un FIR? scrivendoci cosa? Se al contrario non deve produrre alcun documento e nel tragitto l'autocarro viene fermato da Polizia Stradale, Carabinieri e/o Guardia di Finanza, per un normale controllo cosa possono contestargli?
Diciamo che ci si arrende e per non incorrere in sanzioni si evita di utilizzare il buon senso, si continua ad effettuare le riparazioni sul cemento amianto e si lasciano diversi sacchetti contenenti amianto sparsi per la città in attesa del trasporto definitivo alla discarica appena questa acconsente al conferimento; a questo punto come si gestisce dal punto di vista della documentazione e del Sistri tutta l'attività di raccolta dei sacchetti nei vari punti di intervento? Si predispongono tanti FIR quanti punti di prelievo? E sul discorso del "percorso più breve", come ci si comporta?
Capisco benissimo che il legislatore non può addentrarsi nel merito di una casistica assai ampia e variegata, è anche vero però, che l'impresa dovrebbe essere messa nelle condizioni di poter operara nella consapevolezza che quello che sta facendo sia corretto e non la esponga a sanzioni amministrative e/o di rilievo penale.
Attendo fiducioso se non delle risposte delle condivisioni sui dubbi.
Marco Paolini- Nuovo Utente
- Messaggi : 1
Data d'iscrizione : 03.03.17
Re: Interventi di manutenzione su condotte in cemento amianto
La sede dove operi che tu definisci “solamente di un deposito logistico provvisorio, allestito di tutto punto per il ricovero di mezzi, per il deposito dei materiali e con tutti gli apprestamenti igienici per il personale” mi sembra una postazione poco provvisoria e pertanto puoi ragionevolmente inserirla nella tua visura camerale come nuova Unità Locale; a questo punto i rifiuti di manutenzione li puoi considerare prodotti in quel deposito “logistico”. Immediatamente dopo che hai creato i colli di m.c.a nei singoli cantieri fai un FIR con destinazione la tua sede (hai la cat. 5) e poi compatibilmente con le tempistiche del 152/06 li carichi nuovamente e li porti a smaltire presso impianti autorizzati.
Hope- Utente Attivo
- Messaggi : 599
Data d'iscrizione : 16.02.10
Re: Interventi di manutenzione su condotte in cemento amianto
concordo con Hope.
Questo mi sembra proprio un caso di "rifiuti prodotti da attività manutentive" di cui all'art. 266, c. 4 del TUA.
Questo mi sembra proprio un caso di "rifiuti prodotti da attività manutentive" di cui all'art. 266, c. 4 del TUA.
_________________
Un vale più di mille parole!
Ma, a volte è ancora meglio!
isamonfroni- Moderatrice
- Messaggi : 12744
Data d'iscrizione : 18.10.10
Età : 67
Località : roma
Re: Interventi di manutenzione su condotte in cemento amianto
La minuta descrizione di Paolini individua una situazione operativa ex art. 230.
Concordo con il medesimo sul fatto di evitare di "abbandonare" il rifiuto sulla strada e, confermando la correttezza della modalità operativa scelta cioè quella di conferire in autonomia il rifiuto prodotto direttamente all'impianto finale con formulario, suggerisco di sfruttare il precetto del comma 11 dell'art. 193 del TUA che concede fino a 48 ore di stazionamento dei veicoli, in configurazione di trasporto, per ragioni logistiche.
Il veicolo potrà quindi sostare, in configurazione di trasporto, fino a quando l'impianto riaprirà il giorno seguente.
Concordo con il medesimo sul fatto di evitare di "abbandonare" il rifiuto sulla strada e, confermando la correttezza della modalità operativa scelta cioè quella di conferire in autonomia il rifiuto prodotto direttamente all'impianto finale con formulario, suggerisco di sfruttare il precetto del comma 11 dell'art. 193 del TUA che concede fino a 48 ore di stazionamento dei veicoli, in configurazione di trasporto, per ragioni logistiche.
Il veicolo potrà quindi sostare, in configurazione di trasporto, fino a quando l'impianto riaprirà il giorno seguente.
Gimi- Utente Attivo
- Messaggi : 191
Data d'iscrizione : 05.02.10
Località : Venezia/Mestre
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