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Decreto semplificazioni "bis" - La bozza
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200912
Decreto semplificazioni "bis" - La bozza
AMBIENTE Art. 23 (Pubblicazione provvedimenti di VIA)
1. All’articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è soppresso; b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma “2-bis. Dalla data di pubblicazione nel sito web dell’autorità competente effettuata ai sensi del comma 2 decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati”.
Relazione
L’articolo 27, comma 1, del codice ambientale prevede la pubblicazione in estratto, a cura del proponente, del provvedimento di valutazione di impatto ambientale sulla Gazzetta Ufficiale per i progetti di competenza statale, ovvero sul bollettino ufficiale della regione per i progetti di rispettiva competenza. Il comma successivo prevede la pubblicazione del provvedimento medesimo, per intero, sul sito web dell’autorità competente. La proposta intende, attraverso l’abrogazione del comma 1, eliminare l’obbligo di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale (o sul B.u.r.): tale obbligo risulta infatti eccessivamente oneroso in quanto può determinare un ingiustificato allungamento dei tempi. Si ritiene, inoltre, che la finalità di informazione del pubblico perseguita dalla norma possa essere garantita dalla pubblicazione sui siti informatici, già prevista dal comma 2. A tal proposito, si può valutare l’opportunità di individuare un unico portale telematico cui fare riferimento per l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. L’introduzione del comma 2-bis consentirebbe di far decorrere i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati dalla data di pubblicazione del provvedimento sui siti web.
Art. 24 (Gestione acque sotterranee emunte)
“L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e smi è sostituito dal seguente: “Art. 243 Gestione delle acque sotterranee emunte
1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile e economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla Parte III del presente decreto. 2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate, sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma precedente, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6. 3. Ove non si proceda secondo quanto previsto ai commi precedenti, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuarsi presso apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti ed in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente decreto.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 , ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze. 6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4, e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive la disciplina relativa alla gestione delle acque di falda nell’ambito del Titolo V del D.lgs. n. 152/2006 relativo alla bonifica dei siti contaminati secondo una nuova impostazione secondo la quale l’emungimento con conseguente scarico in corpo idrico superficiale è una soluzione residuale, praticabile solo ove non sia possibile riutilizzare le acque in un ciclo industriale o per il riciclo delle stesse in falda a scopo di bonifica. Qualora le anzidette soluzioni non siano praticabili il trattamento delle acque di falda ai fini dello scarico in corpo idrico superficiale dovrà garantire un effettivo abbattimento dei livelli di contaminazione immessi nell’ambiente, e non un mero trasferimento di contaminati. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del D.lgs. n. 152/06. Si prevede, altresì, che in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 del D.lgs. n. 152/06, ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze. In ogni caso le attività di gestione delle acque di falda devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Art. 25 (Semplificazioni delle procedure di bonifica siti contaminati)
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Parte IV, Titolo V, sono apportate le seguenti modifiche:
a) All’art. 239, al comma 1, in fine aggiungere le seguenti parole <,al fine di prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari causati dalla contaminazione. Resta fermo l’obbligo di provvedere alla riparazione del danno ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ai sensi e per gli effetti della Parte VI del presente decreto>
b) All’articolo 240, comma 1, lettera n) le parole sono sostituite dalla parola
c) All’articolo 242 aggiungere un comma < 7-bis – I progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati progettuali relativi alle opere e alle attività previste dagli stessi. Al fine di accelerare le procedure di approvazione degli interventi disciplinati da presente Titolo V, l’analisi di rischio, e i progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica possono essere presentati, con le modalità di cui al periodo precedente, congiuntamente alla presentazione dei risultati della caratterizzazione e in coerenza con la stessa>
d). All’articolo 242 aggiungere un comma <13-bis – Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione. La realizzazione di tali interventi deve essere preventivamente comunicata all’autorità titolare del procedimento di bonifica al fine di verificare che tali interventi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di riparazione delle acque. >
e). All’articolo 240, comma 1, lettera o) messa in sicurezza permanente, dopo le parole aggiungere <, ivi compresi rifiuti stoccati,> e dopo le parole aggiungere <,qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, non sia possibile la rimozione delle fonti>; aggiungere, inoltre alla fine il seguente periodo
Relazione
La disposizione di cui alla lettera a) ha lo scopo di chiarire che tutti gli interventi disciplinati dal titolo V del D.lgs. 152/06 hanno l’obiettivo di tutelare la salute (prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari derivanti dalla contaminazione) e non la riparazione delle matrici ambientali, che resta attratta al campo di applicazione della disciplina del danno ambientale di cui alla Parte VI del D.lgs. 152/2006. L’effetto principale di questa impostazione è di porre sullo stesso piano gli interventi di messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente e bonifica: tutti sono parimenti finalizzati a tutelare la salute. Ciò che continua a differenziare detti interventi sono gli obblighi che restano in capo al titolare/gestore dell’area, in particolare la messa in sicurezza operativa e la messa in sicurezza permanente impongono una continua verifica delle misure di tutela della salute interna ed esterna al sito tramite attività di monitoraggio. La disposizione di cui alla lettera b) modifica la definizione di “messa in sicurezza operativa” limitando tale insieme di interventi ai siti “industriali” in quanto si ritiene che la messa in sicurezza operativa sia quella più compatibile con un utilizzo ai fini produttivi del sito. Infatti, in tali siti la permanenza e il lavoro delle persone è e può essere sottoposto a particolari modalità e precauzioni. La situazione, invece è diversa nei casi in cui l’area sia aperta al pubblico in quanto destinata ad usi residenziali (abitazioni) o commerciali (ristoranti, centri commerciali, negozi, ecc.). La disposizione di cui alla lettera c) ha lo scopo di velocizzare le procedure di approvazione della conclusione degli dei progetti di messa in sicurezza e bonifica imponendo all’interessato di presentare l’analisi di rischio dei progetti contestualmente ai risultati della caratterizzazione effettuata sul sito. La disposizione di cui alla lettera d) prevede la possibilità di riutilizzare il sito in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale. Tale norma si coordina con quella contenuta nel comma 9 del medesimo articolo 242. Anche in questa disposizione la compatibilità dell’intervento non è valutata con riferimento agli obiettivi di bonifica, proprio in quanto sono considerati coerenti rispetto agli obiettivi di tutela della salute anche gli interventi di messa in sicurezza permanente e operativa. In considerazione degli obiettivi di tutela sanitaria di tutti gli interventi disciplinati dal Titolo V della Parte IV del D.lgs. 152/2006, la compatibilità è valutata con riferimento alle esigenze di tutela della salute e, per le sole acque, ai necessari interventi di riparazione a carico del responsabile del danno ambientale. La disposizione di cui alla lettera e), in coerenza con quanto disciplinato dalle lettere precedenti, aggiorna la definizione di “messa in sicurezza permanente” da applicare nella materia relativa alle bonifiche di siti contaminati. In particolare, si prevede che tra le fonti inquinanti da isolare in modo definitivo, rispetto alle matrici ambientali circostanti, siano ricompresi i rifiuti stoccati e che la messa in sicurezza permanente sia realizzabile qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, anche ove non sia possibile la rimozione delle fonti.
Art. 26 (Terre e rocce da scavo - Cantieri di minori dimensioni)
1. Nel caso contemplato dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, diversamente da quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo. 2012, n. 27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184 bis se il produttore dimostra: a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un determinato ciclo produttivo; b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione; c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie prime;
2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite dichiarazione resa alla Provincia territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al DPR n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico sanitaria.
3. Il produttore deve in ogni caso confermare alla Provincia che le terre e rocce da scavo sono state completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali.
4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del DLgs 286/05.
Relazione
La disposizione in oggetto è volta a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 266, comma 7, del D.lgs. 152/06 in materia di materiali di scavo derivanti dalle attività dei cantieri di piccole dimensioni, prevedendo che i suddetti materiali possono essere assoggettati alla disciplina dei sottoprodotti ricorrendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) che possono essere attestate dal produttore mediante autocertificazione. Sono, altresì, dettate disposizione semplificatorie per consentirne il trasporto.
Art.27 (Norme in materia di esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)
1. Fermo restando che, per quanto non espressamente disciplinato dal presente articolo, restano vigenti le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, si prevede che: a) i valori di attenzione indicati nella tabella 2 all'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze; a.1) all'interno di edifici utilizzati come ambienti abitativi con permanenze continuative non inferiori a quattro ore giornaliere; a.2) solo nel caso di utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere, nelle pertinenze esterne quali balconi, terrazzi e cortili (esclusi i tetti anche in presenza di lucernai ed i lastrici solari con funzione prevalente di copertura, indipendentemente dalla presenza o meno di balaustre o protezioni anti-caduta e di pavimentazione rifinita, di proprietà comune dei condomini); b) nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui al comma 1, lettera a) del presente articolo, invece, devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore; c) ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori indicati nella tabella 3 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un’altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore; d) le tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-7 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI. Ai fini della verifica mediante determinazione del mancato superamento del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità si potrà anche fare riferimento, per l’identificazione dei valori mediati nell’arco delle 24 ore, a metodologie di estrapolazione basate sui dati tecnici e storici dell'impianto. Le tecniche di calcolo previsionale da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-10 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI. Ai fini della verifica attraverso stima previsionale del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità, le istanze previste dal Decreto Legislativo n. 259/2003 saranno basate su valori mediati nell’arco delle 24 ore, valutati in base alla riduzione della potenza massima al connettore d’antenna con appositi fattori che tengano conto della variabilità temporale dell’emissione degli impianti nell’arco delle 24 ore. Questi fattori di riduzione della potenza saranno individuati in apposite Linee Guida predisposte dall’ISPRA e dalle ARPA/APPA secondo le modalità di seguito indicate. Per la verifica dei valori di attenzione devono essere individuate le pertinenze esterne degli edifici, di cui alla lettera a) del presente articolo, solo nel caso di utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere. Laddove siano assenti pertinenze esterne con tali caratteristiche, i calcoli previsionali dovranno tenere in conto dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici così come definiti nelle suddette Linee Guida. Gli operatori forniscono all’ISPRA e alle ARPA/APPA i dati di potenza degli impianti secondo le modalità contenute nelle medesime Linee Guida. Tali dati dovranno rappresentare le reali condizioni di funzionamento degli impianti. Eventuali condizioni di funzionamento anomalo degli impianti dovranno essere tempestivamente segnalate agli organi di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale di cui all’art. 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. L’ISPRA e le ARPA/APPA provvedono, in attuazione del presente decreto, alla elaborazione di Linee Guida che saranno approvate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con apposito Decreto Dirigenziale entro 60 giorni dall’emanazione del presente decreto. Tali Linee Guida potranno essere soggette ad aggiornamento con periodicità semestrale su indicazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che provvederà alla relativa approvazione.
2. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi previsti per l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente competenti. 3. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi previsti per l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente competenti.
Relazione
Il settore delle telecomunicazioni è caratterizzato da una elevata propensione all’innovazione tecnologica in grado di creare nuovi prodotti e servizi, soddisfare nuove esigenze ed incrementare la produttività delle imprese e della Pubblica Amministrazione. Infatti, tra le nuove opportunità offerte dal progresso tecnologico saranno presenti servizi per le aziende e le pubbliche amministrazioni che consentiranno di usare le telepresenza favorendo il telelavoro, la telemedicina, l’e-commerce etc., a tutto vantaggio di un sensibile aumento della produttività e della qualità della vita. Tali servizi richiederanno però grandi capacità trasmissive con la conseguente necessità di potenziare ed aggiornare le reti di comunicazione elettronica del Paese favorendo una nuova stagione di sviluppo delle telecomunicazioni mobili, anche nell’ottica dello sviluppo delle reti di quarta generazione o LTE (Long Term Evolution), le cui prestazioni saranno di gran lunga superiori a quelle attuali. Le reti di quarta generazione (LTE) consentiranno, infatti, un deciso salto di qualità nel settore delle telecomunicazioni che, oltre a rappresentare un comparto improntato da una notevole propensione all’innovazione tecnologica, risulta essere ancora oggi un settore capace di convogliare investimenti notevolissimi a tutto vantaggio del sistema Paese come peraltro recentemente dimostrato nel corso dell’asta per l’assegnazione delle frequenze per la tecnologia 4G. L’asta per le frequenze evidenzia, inoltre, che nonostante la grave crisi economica globale tale settore intende concretamente portare a compimento una nuova fase di investimento infrastrutturale nel settore delle TLC di cui il Paese ha urgentemente bisogno. La necessità di favorire gli investimenti nel settore è stata avvertita sia dal legislatore comunitario (direttive 2009/1 36/CE e 2009/140/CE) che da quello nazionale (D. Lgs. n. 25912003 recante”Codice delle Comunicazioni Elettroniche”) che, da ultimo, è intervenuto con ulteriori norme volte a semplificare le procedure autorizzatorie per alcune tipologie di impianti (art. 87 bis D. Lgs n. 259/03 ed art. 35 Decreto legge 98/2011, convertito con legge n. 111/2011). Per completare quest’opera di semplificazione normativa si rende, altresì, necessario un intervento che consenta di aggiornare e chiarire alcuni aspetti del DPCM 8 luglio 2003, recante il regolamento di attuazione della legge quadro sui campi elettromagnetici (legge n. 36/2001), mettendo a frutto il patrimonio di esperienze maturate in quasi un decennio da parte delle Arpa, della Fondazione Ugo Bordoni, dell’ISPRA e del CEI. Attraverso l’introduzione di metodiche di misurazione univoche e di riferimenti a normative tecniche di settore gli operatori di comunicazione elettronica potranno, infatti, procedere alle necessarie attività di razionalizzazione e modernizzazione della rete potendo operare in quadro normativo più chiaro e definito. Peraltro nella maggior parte dei casi si tratta di norme tecniche univocamente già applicate da molti degli organi preposti al controllo sul territorio. Inoltre, appare opportuno introdurre, in questa tematica caratterizzata da una costante e frenetica evoluzione tecnologica, una modalità di autoadattamento alle esperienze ed alle evoluzioni raccolte e validate da organismi tecnico amministrativi di riferimento generale, ferma restando l’indicazione dei valori limite in capo all’organo politico amministrativo.
Art. 28 (Materiali di riporto)
1. All’art. 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: “2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione, materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge 24 /01/2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185 comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
4. Il suolo, in presenza di materiali di riporto, qualora potenzialmente contaminato, viene caratterizzato con le modalità definite dall’allegato 2 al titolo V parte IV del d.lgs 152/2006, realizzando, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (di cui alle colonne A e B della tabella 1 all’allegato V Titolo V della parte IV del d.lgs 152/2006) eventuali approfondimenti analitici, mediante test di cessione, sul materiale di origine antropica contenuto nei riporti, al fine di individuare l’eventuale presenza di sorgenti di contaminazione.”
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive parte della disciplina in tema di matrici materiali di riporto dettata dall’articolo 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012 chiarendo la definizione delle stesse matrici materiali di riporto e prevedendo che, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, le stese matrici, eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185 comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti. Vengono inoltre dettate specifiche disposizioni per la caratterizzazione del suolo frammisto a materiali di riporto in ipotesi di potenziale contaminazione del medesimo.
Art. 29 (Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
1. All'articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente: “8 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
2. All'articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: “5 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
Relazione
Le norme contenute nel presente articolo hanno lo scopo di evitare che per una stessa opera il richiedente debba continuare ad instaurare due diversi procedimenti a due diversi Uffici del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: la Direzione generale per le Valutazioni Ambientali (che fa la VIA) e la Direzione generale per la Protezione della Natura e del Mare [titolata per le autorizzazioni sia ex art. 104 (acque di strato delle piattaforme) che ex art. 109 (cavi e condotte)]. Le soluzioni proposte si riverbererebbero positivamente anche a livello regionale, ove vengono assorbite e ricomprese tutte le altre autorizzazioni. Sono due vere semplificazioni a costo zero. Non sono previsti oneri, ma anzi risparmi per l'Amministrazione (che unirebbe tutte istanze in un unico procedimento) e soprattutto per le imprese, che guadagnerebbero tempi oggi determinabili nell'ordine di mesi.
Art. 30 (Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
1. Al fine di accelerare la definizione dei procedimenti di autorizzazione integrata e garantire il rispetto dei tempi di adozione dei relativi provvedimenti, al D. Lgs. 152/2006 sono apportate le seguenti modificazioni: a) L’articolo 7, comma 5 è sostituito dal seguente: “5. In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.” b) All’art. 29-ter, comma 1, viene aggiunta la seguente lettera: “m) l’elenco delle autorizzazioni ambientali in concreto necessarie per l’attivazione dell’impianto”. c) All'articolo 29-ter, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Allo scopo di favorire la completezza e la qualità delle istanze presentate dai proponenti, necessarie per assicurare tempi certi per lo svolgimento dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell'autorizzazione integrata ambientale, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la conformità della stessa e della documentazione allegata. Per gli impianti di competenza statale la verifica è effettuata con riferimento al formato e alle modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2. Qualora l'autorità competente ravvisi la non conformità della domanda ai sensi del periodo precedente, questa viene dichiarata improcedibile. Entro tre mesi dalla ricezione della comunicazione della improcedibilità, il proponente può rendere la domanda conforme ai sensi del primo periodo del presente comma. Qualora questo termine decorra inutilmente, l'istanza si intende ritirata. Sulla domanda che sia stata adeguata dal proponente entro e non oltre il termine di cui al periodo precedente, la nuova verifica di conformità è effettuata, nei tempi e nei modi di cui al primi due periodi del presente comma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la conferenza stato regioni su proposta del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è adottato, ai fini della verifica di conformità, il formato unificato per la presentazione all’autorità competente delle domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale”. d) All’articolo 29-ter, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti: “5. Per le verifiche di cui al comma precedente, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA, il quale vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 6. Tutti i termini previsti dalla legge o definiti dall’autorità competente, nell’ambito dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, si considerano in ogni caso perentori. Si considerano tali anche i termini stabiliti dal decreto con il quale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare disciplina lo svolgimento del procedimento di competenza della Commissione di cui all’articolo 8-bis.” e) All’articolo 29-quater, il primo periodo del comma 3 è sostituito dal seguente: “3. L'autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n. 241/1990., una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento.” f) All’art. 29-quater, comma 11, le parole “norme settoriali.” Sono sostituite dalle seguenti: “norme settoriali, nonchè tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi, elencati dal proponente ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1, lett. h) del presente decreto. La durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale è la medesima dell’autorizzazione integrata ambientale a cui accedono, come stabilita all’art. 29-octies, comma 1.”
Relazione
Il comma 1, lett. a) allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure per il rilascio dei provvedimenti di VIA e di parere di VAS, viene soppresso l’obbligo di acquisire il parere dei Ministeri diversi da quelli concertanti introdotto dal d. lgs. N. 128 del 2010. La lettera b) del medesimo comma precisa ulteriormente il contenuto della domanda da presentare per il rilascio dell’AIA. La lettera c) modifica l’articolo 29 ter, comma 4, prevedendo disposizioni semplificatorie per la verifica di completezza e correttezza di presentazione della domanda da presentare per il rilascio dell’AIA. La lettera d) prevede che per le anzidette verifiche, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA. La lettera e) precisa che l'autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n. 241/1990 e s.m.i., una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento allo scopo di garantire una tempestività nella definizione del procedimento. La lettera f) prevede che le AIA, rilasciate ai sensi del decreto legislativo n. 152/06, sostituiscono ad ogni effetto anche tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi.
1. All’articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è soppresso; b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente comma “2-bis. Dalla data di pubblicazione nel sito web dell’autorità competente effettuata ai sensi del comma 2 decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati”.
Relazione
L’articolo 27, comma 1, del codice ambientale prevede la pubblicazione in estratto, a cura del proponente, del provvedimento di valutazione di impatto ambientale sulla Gazzetta Ufficiale per i progetti di competenza statale, ovvero sul bollettino ufficiale della regione per i progetti di rispettiva competenza. Il comma successivo prevede la pubblicazione del provvedimento medesimo, per intero, sul sito web dell’autorità competente. La proposta intende, attraverso l’abrogazione del comma 1, eliminare l’obbligo di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale (o sul B.u.r.): tale obbligo risulta infatti eccessivamente oneroso in quanto può determinare un ingiustificato allungamento dei tempi. Si ritiene, inoltre, che la finalità di informazione del pubblico perseguita dalla norma possa essere garantita dalla pubblicazione sui siti informatici, già prevista dal comma 2. A tal proposito, si può valutare l’opportunità di individuare un unico portale telematico cui fare riferimento per l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione. L’introduzione del comma 2-bis consentirebbe di far decorrere i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati dalla data di pubblicazione del provvedimento sui siti web.
Art. 24 (Gestione acque sotterranee emunte)
“L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e smi è sostituito dal seguente: “Art. 243 Gestione delle acque sotterranee emunte
1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile e economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla Parte III del presente decreto. 2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate, sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma precedente, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6. 3. Ove non si proceda secondo quanto previsto ai commi precedenti, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuarsi presso apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti ed in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente decreto.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 , ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze. 6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4, e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive la disciplina relativa alla gestione delle acque di falda nell’ambito del Titolo V del D.lgs. n. 152/2006 relativo alla bonifica dei siti contaminati secondo una nuova impostazione secondo la quale l’emungimento con conseguente scarico in corpo idrico superficiale è una soluzione residuale, praticabile solo ove non sia possibile riutilizzare le acque in un ciclo industriale o per il riciclo delle stesse in falda a scopo di bonifica. Qualora le anzidette soluzioni non siano praticabili il trattamento delle acque di falda ai fini dello scarico in corpo idrico superficiale dovrà garantire un effettivo abbattimento dei livelli di contaminazione immessi nell’ambiente, e non un mero trasferimento di contaminati. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del D.lgs. n. 152/06. Si prevede, altresì, che in deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 del D.lgs. n. 152/06, ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze. In ogni caso le attività di gestione delle acque di falda devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.
Art. 25 (Semplificazioni delle procedure di bonifica siti contaminati)
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Parte IV, Titolo V, sono apportate le seguenti modifiche:
a) All’art. 239, al comma 1, in fine aggiungere le seguenti parole <,al fine di prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari causati dalla contaminazione. Resta fermo l’obbligo di provvedere alla riparazione del danno ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ai sensi e per gli effetti della Parte VI del presente decreto>
b) All’articolo 240, comma 1, lettera n) le parole sono sostituite dalla parola
c) All’articolo 242 aggiungere un comma < 7-bis – I progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati progettuali relativi alle opere e alle attività previste dagli stessi. Al fine di accelerare le procedure di approvazione degli interventi disciplinati da presente Titolo V, l’analisi di rischio, e i progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica possono essere presentati, con le modalità di cui al periodo precedente, congiuntamente alla presentazione dei risultati della caratterizzazione e in coerenza con la stessa>
d). All’articolo 242 aggiungere un comma <13-bis – Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione. La realizzazione di tali interventi deve essere preventivamente comunicata all’autorità titolare del procedimento di bonifica al fine di verificare che tali interventi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di riparazione delle acque. >
e). All’articolo 240, comma 1, lettera o) messa in sicurezza permanente, dopo le parole aggiungere <, ivi compresi rifiuti stoccati,> e dopo le parole aggiungere <,qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, non sia possibile la rimozione delle fonti>; aggiungere, inoltre alla fine il seguente periodo
Relazione
La disposizione di cui alla lettera a) ha lo scopo di chiarire che tutti gli interventi disciplinati dal titolo V del D.lgs. 152/06 hanno l’obiettivo di tutelare la salute (prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari derivanti dalla contaminazione) e non la riparazione delle matrici ambientali, che resta attratta al campo di applicazione della disciplina del danno ambientale di cui alla Parte VI del D.lgs. 152/2006. L’effetto principale di questa impostazione è di porre sullo stesso piano gli interventi di messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente e bonifica: tutti sono parimenti finalizzati a tutelare la salute. Ciò che continua a differenziare detti interventi sono gli obblighi che restano in capo al titolare/gestore dell’area, in particolare la messa in sicurezza operativa e la messa in sicurezza permanente impongono una continua verifica delle misure di tutela della salute interna ed esterna al sito tramite attività di monitoraggio. La disposizione di cui alla lettera b) modifica la definizione di “messa in sicurezza operativa” limitando tale insieme di interventi ai siti “industriali” in quanto si ritiene che la messa in sicurezza operativa sia quella più compatibile con un utilizzo ai fini produttivi del sito. Infatti, in tali siti la permanenza e il lavoro delle persone è e può essere sottoposto a particolari modalità e precauzioni. La situazione, invece è diversa nei casi in cui l’area sia aperta al pubblico in quanto destinata ad usi residenziali (abitazioni) o commerciali (ristoranti, centri commerciali, negozi, ecc.). La disposizione di cui alla lettera c) ha lo scopo di velocizzare le procedure di approvazione della conclusione degli dei progetti di messa in sicurezza e bonifica imponendo all’interessato di presentare l’analisi di rischio dei progetti contestualmente ai risultati della caratterizzazione effettuata sul sito. La disposizione di cui alla lettera d) prevede la possibilità di riutilizzare il sito in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale. Tale norma si coordina con quella contenuta nel comma 9 del medesimo articolo 242. Anche in questa disposizione la compatibilità dell’intervento non è valutata con riferimento agli obiettivi di bonifica, proprio in quanto sono considerati coerenti rispetto agli obiettivi di tutela della salute anche gli interventi di messa in sicurezza permanente e operativa. In considerazione degli obiettivi di tutela sanitaria di tutti gli interventi disciplinati dal Titolo V della Parte IV del D.lgs. 152/2006, la compatibilità è valutata con riferimento alle esigenze di tutela della salute e, per le sole acque, ai necessari interventi di riparazione a carico del responsabile del danno ambientale. La disposizione di cui alla lettera e), in coerenza con quanto disciplinato dalle lettere precedenti, aggiorna la definizione di “messa in sicurezza permanente” da applicare nella materia relativa alle bonifiche di siti contaminati. In particolare, si prevede che tra le fonti inquinanti da isolare in modo definitivo, rispetto alle matrici ambientali circostanti, siano ricompresi i rifiuti stoccati e che la messa in sicurezza permanente sia realizzabile qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, anche ove non sia possibile la rimozione delle fonti.
Art. 26 (Terre e rocce da scavo - Cantieri di minori dimensioni)
1. Nel caso contemplato dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, diversamente da quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo. 2012, n. 27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184 bis se il produttore dimostra: a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un determinato ciclo produttivo; b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006 e s.m.i., con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione; c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie prime;
2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite dichiarazione resa alla Provincia territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al DPR n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico sanitaria.
3. Il produttore deve in ogni caso confermare alla Provincia che le terre e rocce da scavo sono state completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali.
4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del DLgs 286/05.
Relazione
La disposizione in oggetto è volta a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 266, comma 7, del D.lgs. 152/06 in materia di materiali di scavo derivanti dalle attività dei cantieri di piccole dimensioni, prevedendo che i suddetti materiali possono essere assoggettati alla disciplina dei sottoprodotti ricorrendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) che possono essere attestate dal produttore mediante autocertificazione. Sono, altresì, dettate disposizione semplificatorie per consentirne il trasporto.
Art.27 (Norme in materia di esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici)
1. Fermo restando che, per quanto non espressamente disciplinato dal presente articolo, restano vigenti le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, si prevede che: a) i valori di attenzione indicati nella tabella 2 all'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 si assumono a titolo di misura di cautela per la protezione da possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze; a.1) all'interno di edifici utilizzati come ambienti abitativi con permanenze continuative non inferiori a quattro ore giornaliere; a.2) solo nel caso di utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere, nelle pertinenze esterne quali balconi, terrazzi e cortili (esclusi i tetti anche in presenza di lucernai ed i lastrici solari con funzione prevalente di copertura, indipendentemente dalla presenza o meno di balaustre o protezioni anti-caduta e di pavimentazione rifinita, di proprietà comune dei condomini); b) nel caso di esposizione a impianti che generano campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenza compresa tra 100 kHz e 300 GHz, non devono essere superati i limiti di esposizione di cui alla tabella 1 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, intesi come valori efficaci. Tali valori devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e mediati su qualsiasi intervallo di sei minuti. I valori di cui al comma 1, lettera a) del presente articolo, invece, devono essere rilevati ad un’altezza di m. 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore; c) ai fini della progressiva minimizzazione della esposizione ai campi elettromagnetici, i valori di immissione dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz, calcolati o misurati all'aperto nelle aree intensamente frequentate, non devono superare i valori indicati nella tabella 3 dell'allegato B del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003, detti valori devono essere determinati ad un’altezza di m 1,50 sul piano di calpestio e sono da intendersi come media dei valori nell’arco delle 24 ore; d) le tecniche di misurazione e di rilevamento dei livelli di esposizione da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-7 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI. Ai fini della verifica mediante determinazione del mancato superamento del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità si potrà anche fare riferimento, per l’identificazione dei valori mediati nell’arco delle 24 ore, a metodologie di estrapolazione basate sui dati tecnici e storici dell'impianto. Le tecniche di calcolo previsionale da adottare sono quelle indicate nella norma CEI 211-10 o specifiche norme emanate successivamente dal CEI. Ai fini della verifica attraverso stima previsionale del valore di attenzione e dell'obiettivo di qualità, le istanze previste dal Decreto Legislativo n. 259/2003 saranno basate su valori mediati nell’arco delle 24 ore, valutati in base alla riduzione della potenza massima al connettore d’antenna con appositi fattori che tengano conto della variabilità temporale dell’emissione degli impianti nell’arco delle 24 ore. Questi fattori di riduzione della potenza saranno individuati in apposite Linee Guida predisposte dall’ISPRA e dalle ARPA/APPA secondo le modalità di seguito indicate. Per la verifica dei valori di attenzione devono essere individuate le pertinenze esterne degli edifici, di cui alla lettera a) del presente articolo, solo nel caso di utilizzazione come ambienti abitativi per permanenze non inferiori a quattro ore continuative giornaliere. Laddove siano assenti pertinenze esterne con tali caratteristiche, i calcoli previsionali dovranno tenere in conto dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici così come definiti nelle suddette Linee Guida. Gli operatori forniscono all’ISPRA e alle ARPA/APPA i dati di potenza degli impianti secondo le modalità contenute nelle medesime Linee Guida. Tali dati dovranno rappresentare le reali condizioni di funzionamento degli impianti. Eventuali condizioni di funzionamento anomalo degli impianti dovranno essere tempestivamente segnalate agli organi di controllo e di vigilanza sanitaria e ambientale di cui all’art. 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. L’ISPRA e le ARPA/APPA provvedono, in attuazione del presente decreto, alla elaborazione di Linee Guida che saranno approvate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con apposito Decreto Dirigenziale entro 60 giorni dall’emanazione del presente decreto. Tali Linee Guida potranno essere soggette ad aggiornamento con periodicità semestrale su indicazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che provvederà alla relativa approvazione.
2. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi previsti per l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente competenti. 3. Le sanzioni amministrative relative al superamento dei limiti di esposizione e dei valori di attenzione stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003 recante “Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti”, al mancato rispetto dei limiti e dei tempi previsti per l’attuazione dei piani di risanamento, sono irrogate dalle regioni territorialmente competenti.
Relazione
Il settore delle telecomunicazioni è caratterizzato da una elevata propensione all’innovazione tecnologica in grado di creare nuovi prodotti e servizi, soddisfare nuove esigenze ed incrementare la produttività delle imprese e della Pubblica Amministrazione. Infatti, tra le nuove opportunità offerte dal progresso tecnologico saranno presenti servizi per le aziende e le pubbliche amministrazioni che consentiranno di usare le telepresenza favorendo il telelavoro, la telemedicina, l’e-commerce etc., a tutto vantaggio di un sensibile aumento della produttività e della qualità della vita. Tali servizi richiederanno però grandi capacità trasmissive con la conseguente necessità di potenziare ed aggiornare le reti di comunicazione elettronica del Paese favorendo una nuova stagione di sviluppo delle telecomunicazioni mobili, anche nell’ottica dello sviluppo delle reti di quarta generazione o LTE (Long Term Evolution), le cui prestazioni saranno di gran lunga superiori a quelle attuali. Le reti di quarta generazione (LTE) consentiranno, infatti, un deciso salto di qualità nel settore delle telecomunicazioni che, oltre a rappresentare un comparto improntato da una notevole propensione all’innovazione tecnologica, risulta essere ancora oggi un settore capace di convogliare investimenti notevolissimi a tutto vantaggio del sistema Paese come peraltro recentemente dimostrato nel corso dell’asta per l’assegnazione delle frequenze per la tecnologia 4G. L’asta per le frequenze evidenzia, inoltre, che nonostante la grave crisi economica globale tale settore intende concretamente portare a compimento una nuova fase di investimento infrastrutturale nel settore delle TLC di cui il Paese ha urgentemente bisogno. La necessità di favorire gli investimenti nel settore è stata avvertita sia dal legislatore comunitario (direttive 2009/1 36/CE e 2009/140/CE) che da quello nazionale (D. Lgs. n. 25912003 recante”Codice delle Comunicazioni Elettroniche”) che, da ultimo, è intervenuto con ulteriori norme volte a semplificare le procedure autorizzatorie per alcune tipologie di impianti (art. 87 bis D. Lgs n. 259/03 ed art. 35 Decreto legge 98/2011, convertito con legge n. 111/2011). Per completare quest’opera di semplificazione normativa si rende, altresì, necessario un intervento che consenta di aggiornare e chiarire alcuni aspetti del DPCM 8 luglio 2003, recante il regolamento di attuazione della legge quadro sui campi elettromagnetici (legge n. 36/2001), mettendo a frutto il patrimonio di esperienze maturate in quasi un decennio da parte delle Arpa, della Fondazione Ugo Bordoni, dell’ISPRA e del CEI. Attraverso l’introduzione di metodiche di misurazione univoche e di riferimenti a normative tecniche di settore gli operatori di comunicazione elettronica potranno, infatti, procedere alle necessarie attività di razionalizzazione e modernizzazione della rete potendo operare in quadro normativo più chiaro e definito. Peraltro nella maggior parte dei casi si tratta di norme tecniche univocamente già applicate da molti degli organi preposti al controllo sul territorio. Inoltre, appare opportuno introdurre, in questa tematica caratterizzata da una costante e frenetica evoluzione tecnologica, una modalità di autoadattamento alle esperienze ed alle evoluzioni raccolte e validate da organismi tecnico amministrativi di riferimento generale, ferma restando l’indicazione dei valori limite in capo all’organo politico amministrativo.
Art. 28 (Materiali di riporto)
1. All’art. 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: “2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione, materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge 24 /01/2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185 comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
4. Il suolo, in presenza di materiali di riporto, qualora potenzialmente contaminato, viene caratterizzato con le modalità definite dall’allegato 2 al titolo V parte IV del d.lgs 152/2006, realizzando, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (di cui alle colonne A e B della tabella 1 all’allegato V Titolo V della parte IV del d.lgs 152/2006) eventuali approfondimenti analitici, mediante test di cessione, sul materiale di origine antropica contenuto nei riporti, al fine di individuare l’eventuale presenza di sorgenti di contaminazione.”
Relazione
La disposizione in oggetto riscrive parte della disciplina in tema di matrici materiali di riporto dettata dall’articolo 3 del decreto legge 2/2012, come convertito dalla legge 28/2012 chiarendo la definizione delle stesse matrici materiali di riporto e prevedendo che, fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 49 del decreto legge n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27, le stese matrici, eventualmente presenti nel suolo di cui all’art. 185 comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono considerate sottoprodotti. Vengono inoltre dettate specifiche disposizioni per la caratterizzazione del suolo frammisto a materiali di riporto in ipotesi di potenziale contaminazione del medesimo.
Art. 29 (Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
1. All'articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente: “8 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
2. All'articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: “5 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
Relazione
Le norme contenute nel presente articolo hanno lo scopo di evitare che per una stessa opera il richiedente debba continuare ad instaurare due diversi procedimenti a due diversi Uffici del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: la Direzione generale per le Valutazioni Ambientali (che fa la VIA) e la Direzione generale per la Protezione della Natura e del Mare [titolata per le autorizzazioni sia ex art. 104 (acque di strato delle piattaforme) che ex art. 109 (cavi e condotte)]. Le soluzioni proposte si riverbererebbero positivamente anche a livello regionale, ove vengono assorbite e ricomprese tutte le altre autorizzazioni. Sono due vere semplificazioni a costo zero. Non sono previsti oneri, ma anzi risparmi per l'Amministrazione (che unirebbe tutte istanze in un unico procedimento) e soprattutto per le imprese, che guadagnerebbero tempi oggi determinabili nell'ordine di mesi.
Art. 30 (Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
1. Al fine di accelerare la definizione dei procedimenti di autorizzazione integrata e garantire il rispetto dei tempi di adozione dei relativi provvedimenti, al D. Lgs. 152/2006 sono apportate le seguenti modificazioni: a) L’articolo 7, comma 5 è sostituito dal seguente: “5. In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.” b) All’art. 29-ter, comma 1, viene aggiunta la seguente lettera: “m) l’elenco delle autorizzazioni ambientali in concreto necessarie per l’attivazione dell’impianto”. c) All'articolo 29-ter, il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Allo scopo di favorire la completezza e la qualità delle istanze presentate dai proponenti, necessarie per assicurare tempi certi per lo svolgimento dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell'autorizzazione integrata ambientale, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la conformità della stessa e della documentazione allegata. Per gli impianti di competenza statale la verifica è effettuata con riferimento al formato e alle modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2. Qualora l'autorità competente ravvisi la non conformità della domanda ai sensi del periodo precedente, questa viene dichiarata improcedibile. Entro tre mesi dalla ricezione della comunicazione della improcedibilità, il proponente può rendere la domanda conforme ai sensi del primo periodo del presente comma. Qualora questo termine decorra inutilmente, l'istanza si intende ritirata. Sulla domanda che sia stata adeguata dal proponente entro e non oltre il termine di cui al periodo precedente, la nuova verifica di conformità è effettuata, nei tempi e nei modi di cui al primi due periodi del presente comma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la conferenza stato regioni su proposta del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è adottato, ai fini della verifica di conformità, il formato unificato per la presentazione all’autorità competente delle domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale”. d) All’articolo 29-ter, dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti: “5. Per le verifiche di cui al comma precedente, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA, il quale vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente. 6. Tutti i termini previsti dalla legge o definiti dall’autorità competente, nell’ambito dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, si considerano in ogni caso perentori. Si considerano tali anche i termini stabiliti dal decreto con il quale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare disciplina lo svolgimento del procedimento di competenza della Commissione di cui all’articolo 8-bis.” e) All’articolo 29-quater, il primo periodo del comma 3 è sostituito dal seguente: “3. L'autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n. 241/1990., una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento.” f) All’art. 29-quater, comma 11, le parole “norme settoriali.” Sono sostituite dalle seguenti: “norme settoriali, nonchè tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi, elencati dal proponente ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1, lett. h) del presente decreto. La durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale è la medesima dell’autorizzazione integrata ambientale a cui accedono, come stabilita all’art. 29-octies, comma 1.”
Relazione
Il comma 1, lett. a) allo scopo di semplificare ed accelerare le procedure per il rilascio dei provvedimenti di VIA e di parere di VAS, viene soppresso l’obbligo di acquisire il parere dei Ministeri diversi da quelli concertanti introdotto dal d. lgs. N. 128 del 2010. La lettera b) del medesimo comma precisa ulteriormente il contenuto della domanda da presentare per il rilascio dell’AIA. La lettera c) modifica l’articolo 29 ter, comma 4, prevedendo disposizioni semplificatorie per la verifica di completezza e correttezza di presentazione della domanda da presentare per il rilascio dell’AIA. La lettera d) prevede che per le anzidette verifiche, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc, che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA. La lettera e) precisa che l'autorità competente, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge n. 241/1990 e s.m.i., una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento allo scopo di garantire una tempestività nella definizione del procedimento. La lettera f) prevede che le AIA, rilasciate ai sensi del decreto legislativo n. 152/06, sostituiscono ad ogni effetto anche tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi.
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Decreto semplificazioni "bis" - La bozza :: Commenti
Re: Decreto semplificazioni "bis" - La bozza
Diciamo che ci sono spunti di interesse, anche se in merito alla gestione delle acque di falda (art. 24), hanno di nuovo dimenticato di inserire le parole "messa in sicurezza d'urgenza" accanto ai fini della bonifica.
Purtroppo questa stortura presente nella prima stesura del TUA e corretta poi con il D,lgs.4/2008, aveva creato un sacco di rogne nei procedimenti di bonifica, soprattutto quelli dei SIN e lasciato ampio margine a Mascazzini per imperversare con le sue idee folli.....
Un impianto di trattamento acque di falda, realizzato per decontaminare d'urgenza, la falda era (e se non cambiano testo, sarà di nuovo così) equiparato ad un impianto di trattamento rifiuti con obbligo di ottenere le varie autorizzazioni (VIA - AIA ecc...) prima di metterlo in moto, con buona pace dell'urgenza (circa 12 mesi di pena)
Gli artt. 25 e 30 sono esattamente "taylor made" per l'ILVA di Taranto, in ogni caso sono buoni e utili anche per gli altri interventi (sempre se passa).
Visto che è accertato che ci leggono, spero che ci legga anche chi di dovere......
Purtroppo questa stortura presente nella prima stesura del TUA e corretta poi con il D,lgs.4/2008, aveva creato un sacco di rogne nei procedimenti di bonifica, soprattutto quelli dei SIN e lasciato ampio margine a Mascazzini per imperversare con le sue idee folli.....
Un impianto di trattamento acque di falda, realizzato per decontaminare d'urgenza, la falda era (e se non cambiano testo, sarà di nuovo così) equiparato ad un impianto di trattamento rifiuti con obbligo di ottenere le varie autorizzazioni (VIA - AIA ecc...) prima di metterlo in moto, con buona pace dell'urgenza (circa 12 mesi di pena)
Gli artt. 25 e 30 sono esattamente "taylor made" per l'ILVA di Taranto, in ogni caso sono buoni e utili anche per gli altri interventi (sempre se passa).
Visto che è accertato che ci leggono, spero che ci legga anche chi di dovere......
Bozza aggiornata.
"Art.21
(Pubblicazione provvedimenti di VIA)
1. All’articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è soppresso;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Dalla data di pubblicazione nel sito web dell’autorità competente effettuata ai sensi del comma 2 decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati.”.
Art.22
(Gestione acque sotterranee emunte)
1. L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
“Art. 243 Gestione delle acque sotterranee emunte - 1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile e economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla Parte III del presente decreto.
2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate, sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma precedente, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.
3. Ove non si proceda secondo quanto previsto ai commi precedenti, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuarsi presso apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti ed in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente decreto.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 , ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze.
6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4, e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.”.
Art.23
(Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza)
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Parte IV, Titolo V, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 239, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “,al fine di prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari causati dalla contaminazione. Resta fermo l’obbligo di provvedere alla riparazione del danno ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ai sensi e per gli effetti della Parte VI del presente decreto.”;
b) all’articolo 240, comma 1,
1) alla lettera n) le parole: “con attività in esercizio” sono sostituite dalle seguenti “ad esclusione di quelli con destinazione urbanistica ad uso residenziale, verde pubblico, agricolo e terziario”;
2) alla lettera o), dopo le parole: “in modo definitivo le fonti inquinanti” sono inserite le seguenti: “ivi compresi rifiuti stoccati,” dopo le parole: “per le persone e per l’ambiente” sono inserite le seguenti: “,qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, non sia possibile la rimozione delle fonti” ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nel caso in cui la fonte inquinante sia costituita da rifiuti si applicano le norme tecniche, finanziarie ed amministrative e le garanzie previste dalla normativa per il controllo e la gestione delle discariche dopo la chiusura.”;
c) all’articolo 242,
1) dopo il comma 7 è inserito il seguente: “7-bis. I progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati progettuali relativi alle opere e alle attività previste dagli stessi. Al fine di accelerare le procedure di approvazione degli interventi disciplinati da presente Titolo V, l’analisi di rischio, e i progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica possono essere presentati, con le modalità di cui al periodo precedente, congiuntamente alla presentazione dei risultati della caratterizzazione e in coerenza con la stessa.”;
2) al comma 9, il terzo periodo è soppresso;
3) dopo il comma 13, è aggiunto il seguente: “13-bis. Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione. La realizzazione di tali interventi deve essere preventivamente comunicata all’autorità titolare del procedimento di bonifica al fine di verificare che tali interventi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di riparazione delle acque.”.
d) dopo l’articolo 242 è inserito il seguente:“Art. 242-bis. Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza - 1. L’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazioni di soglia di contaminazione, può, di sua iniziativa, presentare all’Amministrazione competente il progetto completo degli interventi programmati e dei relativi elaborati tecnici esecutivi, corredato della necessaria documentazione, facendo istanza di potere procedere ai lavori come da progetto. Nell’istanza viene indicato il crono programma di svolgimento dei lavori.
2) L’Amministrazione competente provvede sull’istanza, acquisendo in conferenza dei servizi i pareri, nulla osta ed autorizzazioni delle amministrazioni competenti ad autorizzare i singoli interventi ed attività previste dal progetto di bonifica, eventualmente fissando prescrizioni operative, entro novanta giorni dalla sua presentazione. Trascorso tale termine, ove non sia intervenuto il rigetto motivato dell’istanza, le operazioni di bonifica possono essere avviate nel rispetto della normativa applicabile. L’operatore informa l’Autorità competente dell’avvio dei lavori e della loro esecuzione nei termini e nei modi indicati nel crono programma.
3) Alla ultimazione degli interventi, l’operatore esegue a sua cura e spese un piano di caratterizzazione approvato dall’autorità competente; sulla base dei dati risultanti dall’esecuzione della caratterizzazione validati dall’ARPA territorialmente competente, detta autorità certifica l’avvenuta bonifica o impone gli ulteriori interventi eventualmente necessari per la bonifica del sito.”.
Art.24
(Terre e rocce da scavo - Cantieri di minori dimensioni)
1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in deroga a quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184-bis se il produttore dimostra:
a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un determinato ciclo produttivo;
b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione;
c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie prime;
d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non è necessario sottoporre le terre e rocce da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite dichiarazione resa all’Autorità territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico sanitaria.
3. Il produttore deve in ogni caso confermare all’Autorità territorialmente competente che le terre e rocce da scavo sono state completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali.
4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo n. 286 del 2005.
Art.25
(Materiali di riporto)
1. All’articolo 3 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n.2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
“2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione, materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
3-bis. Il suolo, in presenza di materiali di riporto, qualora potenzialmente contaminato, viene caratterizzato con le modalità definite dall’allegato 2 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, realizzando, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (di cui alle colonne A e B della tabella 1 all’allegato V, Titolo V della parte IV, del decreto legislativo n.152 del 2006) eventuali approfondimenti analitici, mediante test di cessione, sul materiale di origine antropica contenuto nei riporti, al fine di individuare l’eventuale presenza di sorgenti di contaminazione.”.
2. Dalla presente disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art.26
(Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
1. All'articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente: “8 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
2. All'articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: “5 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale.”.
Art.27
(Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
1. Al fine di accelerare la definizione dei procedimenti di autorizzazione integrata e garantire il rispetto dei tempi di adozione dei relativi provvedimenti, al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 7, il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.”;
b) all’articolo 29-ter,
1) al comma 1, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente: “l-bis) l’elenco delle autorizzazioni ambientali in concreto necessarie per l’attivazione dell’impianto.”;
2) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Allo scopo di favorire la completezza e la qualità delle istanze presentate dai proponenti, necessarie per assicurare tempi certi per lo svolgimento dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell'autorizzazione integrata ambientale, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la conformità della stessa e della documentazione allegata. Per gli impianti di competenza statale la verifica è effettuata con riferimento al formato e alle modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2. Qualora l'autorità competente ravvisi la non conformità della domanda ai sensi del periodo precedente, questa viene dichiarata improcedibile. Entro tre mesi dalla ricezione della comunicazione della improcedibilità, il proponente può rendere la domanda conforme ai sensi del primo periodo del presente comma. Qualora questo termine decorra inutilmente, l'istanza si intende ritirata. Sulla domanda che sia stata adeguata dal proponente entro e non oltre il termine di cui al periodo precedente, la nuova verifica di conformità è effettuata, nei tempi e nei modi di cui al primi due periodi del presente comma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la conferenza stato regioni su proposta del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è adottato, ai fini della verifica di conformità, il formato unificato per la presentazione all’autorità competente delle domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale”.
3) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti: “4-bis. Per le verifiche di cui al comma 4, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc , che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA, il quale vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
4-ter. Tutti i termini previsti dalla legge o definiti dall’autorità competente, nell’ambito dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, si considerano in ogni caso perentori. Si considerano tali anche i termini stabiliti dal decreto con il quale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare disciplina lo svolgimento del procedimento di competenza della Commissione di cui all’articolo 8-bis.”;
c) all’articolo 29-quater,
1) al comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: “L'autorità competente, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento.”;
2) all’articolo 29-quater, comma 11, le parole “norme settoriali.” Sono sostituite dalle seguenti: “norme settoriali, nonchè tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi, elencati dal proponente ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1, lett. h) del presente decreto. La durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale è la medesima dell’autorizzazione integrata ambientale a cui accedono, come stabilita all’art. 29-octies, comma 1.”;
d) all’articolo 33, il comma 3-ter è sostituito dal seguente:“3-ter. Nelle more della emanazione dei decreti di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal DM 24 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2008, in merito alle modalità, anche contabili, da applicare mentre i relativi importi sono raddoppiati.”.
CAPO VI
MISURE IN MATERIA DI AGRICOLTURA
Art.28
(Tenuta registro carico-scarico rifiuti cooperative agricole)
1. All’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dopo il comma 3 è inserito il seguente comma: “3-bis. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, qualora obbligati alla tenuta del registro di carico e scarico, possono delegare alla loro tenuta la cooperativa agricola di cui sono soci e che abbia messo a loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera bb). In tale circostanza la cooperativa può adottare un registro unico in cui vengono annotate il nome e la ragione sociale del socio produttore, la quantità e la qualità del rifiuto prodotto da ogni singolo socio.”.
Art.29
(Semplificazioni nel settore agricolo ed agroindustriale)
1. Alla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla Parte I dell’Allegato IV:
1) alla lettera m) sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “nonché i silos per i cereali”;
16
2) dopo la lettera v) è inserita la seguente: “v-bis) Impianti di essicazione di cereali, materiali vegetali e semi di potenza installata non superiore a 900.000 chilocalorie.”;
3) dopo la lettera kk) è aggiunta la seguente lettera: “ll) cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l’anno di uva”;
b) alla Parte II dell’Allegato IV:
1) alla lettera nn) sono soppresse le seguenti parole “in cui il numero di capi potenzialmente presenti è compreso nell’intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella” ed è altresì soppressa la tabella di cui alla stessa lettera nn);
2) dopo la lettera v), è inserita la seguente: “v-bis: Impianti di essicazione di cereali, materiali vegetali e semi non ricompresi nella parte I del presente allegato.”;
3) dopo la lettera oo) è aggiunta la seguente lettera: “pp) cantine che trasformano fino a 1.000 tonnellate l’anno di uva”.”
2. I trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione, effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, nei limiti e verso i centri di cui all’articolo 39, comma 9, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 e successive modifiche ed integrazioni, non sono considerati effettuati a titolo professionale e le imprese che li effettuano non necessitano di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,”.
3. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano procedono alla revisione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche sulla base dell’analisi dei seguenti elementi:
a) il livello di inquinamento esistente;
b) la tipologia e consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse;
c) le possibili fonti di pressione;
d) eventuali elementi e fonti naturali di inquinamento, preesistenti o indipendenti da quello antropico;
e) il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l’individuazione di quanto ciascuno degli elementi (naturali o antropici) incide sull’inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al precedente comma 3, il Consiglio dei ministri esercita il potere sostitutivo per gli adempimenti di cui al medesimo comma 3, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
[...]
"Art.21
(Pubblicazione provvedimenti di VIA)
1. All’articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è soppresso;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: “2-bis. Dalla data di pubblicazione nel sito web dell’autorità competente effettuata ai sensi del comma 2 decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte di soggetti interessati.”.
Art.22
(Gestione acque sotterranee emunte)
1. L’articolo 243 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
“Art. 243 Gestione delle acque sotterranee emunte - 1. Nei casi in cui le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile e economicamente sostenibile, devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche stabiliti dalla Parte III del presente decreto.
2. Gli interventi di conterminazione fisica o idraulica con emungimento e trattamento delle acque di falda contaminate, sono ammessi solo nei casi in cui non è altrimenti possibile eliminare, prevenire o ridurre a livelli accettabili il rischio sanitario associato alla circolazione e alla diffusione delle stesse. Nel rispetto dei principi di risparmio idrico di cui al comma precedente, in tali evenienze deve essere valutata la possibilità tecnica di utilizzazione delle acque emunte nei cicli produttivi in esercizio nel sito stesso o ai fini di cui al comma 6.
3. Ove non si proceda secondo quanto previsto ai commi precedenti, l’immissione di acque emunte in corpi idrici superficiali o in fognatura deve avvenire previo trattamento depurativo da effettuarsi presso apposito impianto di trattamento delle acque di falda o presso gli impianti di trattamento delle acque reflue industriali esistenti ed in esercizio in loco, che risultino tecnicamente idonei.
4. Le acque emunte convogliate tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il punto di prelievo di dette acque con il punto di immissione delle stesse, previo trattamento di depurazione, in corpo ricettore, sono assimilate alle acque reflue industriali che provengono da uno scarico e come tali soggette al regime di cui alla Parte III del presente decreto.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 104 , ai soli fini della bonifica delle acque sotterranee, è ammessa la reimmissione, previo trattamento, delle acque sotterranee nello stesso acquifero da cui sono emunte. Il progetto previsto all’articolo 242 deve indicare la tipologia di trattamento, le caratteristiche quali-quantitative delle acque reimmesse, le modalità di reimmissione e le misure di messa in sicurezza della porzione di acquifero interessato dal sistema di estrazione/reimmissione. Le acque emunte possono essere reimmesse, anche mediante reiterati cicli di emungimento e reimmissione, nel medesimo acquifero ai soli fini della bonifica dello stesso, previo trattamento in idoneo impianto che ne riduca in modo effettivo la contaminazione, e non devono contenere altre acque di scarico né altre sostanze.
6. In ogni caso le attività di cui ai commi 2, 3, 4, e 5 devono garantire un’effettiva riduzione dei carichi inquinanti immessi nell’ambiente; a tal fine i valori limite di emissione degli scarichi degli impianti di trattamento delle acque di falda contaminate emunte sono determinati in massa.”.
Art.23
(Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza)
1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Parte IV, Titolo V, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 239, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “,al fine di prevenire, eliminare e ridurre i rischi sanitari causati dalla contaminazione. Resta fermo l’obbligo di provvedere alla riparazione del danno ambientale a carico del responsabile della contaminazione, ai sensi e per gli effetti della Parte VI del presente decreto.”;
b) all’articolo 240, comma 1,
1) alla lettera n) le parole: “con attività in esercizio” sono sostituite dalle seguenti “ad esclusione di quelli con destinazione urbanistica ad uso residenziale, verde pubblico, agricolo e terziario”;
2) alla lettera o), dopo le parole: “in modo definitivo le fonti inquinanti” sono inserite le seguenti: “ivi compresi rifiuti stoccati,” dopo le parole: “per le persone e per l’ambiente” sono inserite le seguenti: “,qualora si dimostri, che nonostante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili e ridotto impatto ambientale, non sia possibile la rimozione delle fonti” ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nel caso in cui la fonte inquinante sia costituita da rifiuti si applicano le norme tecniche, finanziarie ed amministrative e le garanzie previste dalla normativa per il controllo e la gestione delle discariche dopo la chiusura.”;
c) all’articolo 242,
1) dopo il comma 7 è inserito il seguente: “7-bis. I progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica devono essere presentati completi di tutti gli elaborati progettuali relativi alle opere e alle attività previste dagli stessi. Al fine di accelerare le procedure di approvazione degli interventi disciplinati da presente Titolo V, l’analisi di rischio, e i progetti di messa in sicurezza operativa, di messa in sicurezza permanente e di bonifica possono essere presentati, con le modalità di cui al periodo precedente, congiuntamente alla presentazione dei risultati della caratterizzazione e in coerenza con la stessa.”;
2) al comma 9, il terzo periodo è soppresso;
3) dopo il comma 13, è aggiunto il seguente: “13-bis. Nei siti contaminati, in attesa degli interventi di bonifica e di riparazione del danno ambientale, possono essere effettuati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonché quelli richiesti dalla necessità di adeguamento a norme di sicurezza, e più in generale tutti gli altri interventi di gestione degli impianti e del sito funzionali e utili all’operatività degli impianti produttivi ed allo sviluppo della produzione. La realizzazione di tali interventi deve essere preventivamente comunicata all’autorità titolare del procedimento di bonifica al fine di verificare che tali interventi non pregiudichino in alcun modo gli obiettivi di tutela sanitaria e di riparazione delle acque.”.
d) dopo l’articolo 242 è inserito il seguente:“Art. 242-bis. Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza - 1. L’operatore interessato a effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica con riduzione della contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazioni di soglia di contaminazione, può, di sua iniziativa, presentare all’Amministrazione competente il progetto completo degli interventi programmati e dei relativi elaborati tecnici esecutivi, corredato della necessaria documentazione, facendo istanza di potere procedere ai lavori come da progetto. Nell’istanza viene indicato il crono programma di svolgimento dei lavori.
2) L’Amministrazione competente provvede sull’istanza, acquisendo in conferenza dei servizi i pareri, nulla osta ed autorizzazioni delle amministrazioni competenti ad autorizzare i singoli interventi ed attività previste dal progetto di bonifica, eventualmente fissando prescrizioni operative, entro novanta giorni dalla sua presentazione. Trascorso tale termine, ove non sia intervenuto il rigetto motivato dell’istanza, le operazioni di bonifica possono essere avviate nel rispetto della normativa applicabile. L’operatore informa l’Autorità competente dell’avvio dei lavori e della loro esecuzione nei termini e nei modi indicati nel crono programma.
3) Alla ultimazione degli interventi, l’operatore esegue a sua cura e spese un piano di caratterizzazione approvato dall’autorità competente; sulla base dei dati risultanti dall’esecuzione della caratterizzazione validati dall’ARPA territorialmente competente, detta autorità certifica l’avvenuta bonifica o impone gli ulteriori interventi eventualmente necessari per la bonifica del sito.”.
Art.24
(Terre e rocce da scavo - Cantieri di minori dimensioni)
1. In relazione a quanto disposto dall’articolo 266, comma 7, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in deroga a quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti sono sottoposte al regime di cui all’articolo 184-bis se il produttore dimostra:
a) che la destinazione all’utilizzo è certa, direttamente presso un determinato sito o un determinato ciclo produttivo;
b) che per i materiali che derivano dallo scavo non sono superate le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B tabella 1 allegato 5, al titolo V parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione;
c) che l’utilizzo in un successivo ciclo di produzione non determina rischi per la salute né variazioni qualitative o quantitative delle emissioni rispetto al normale utilizzo di altre di materie prime;
d) che ai fini di cui alle lettere b) e c) non è necessario sottoporre le terre e rocce da scavo ad alcun preventivo trattamento, fatte salve le normali pratiche industriali e di cantiere.
2. Il produttore può attestare il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 anche tramite dichiarazione resa all’Autorità territorialmente competente ai sensi e per gli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, precisando le quantità destinate all’utilizzo, i tempi previsti per l’utilizzo e il sito di deposito, che non può comunque superare un anno dalla data di produzione, fermo restando che l’attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico sanitaria.
3. Il produttore deve in ogni caso confermare all’Autorità territorialmente competente che le terre e rocce da scavo sono state completamente utilizzate secondo le previsioni iniziali.
4. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto resta assoggettato al regime proprio dei beni e dei prodotti. A tal fine il trasporto di tali materiali è accompagnato dal documento di trasporto o da copia del contratto di trasporto redatto in forma scritta o dalla scheda di trasporto di cui agli articoli 6 e 7-bis del decreto legislativo n. 286 del 2005.
Art.25
(Materiali di riporto)
1. All’articolo 3 del decreto-legge 25 gennaio 2012, n.2, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 28, i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
“2. Ai fini dell'applicazione del presente articolo, per matrici materiali di riporto si intendono i materiali eterogenei, utilizzati per la realizzazione di riempimenti e rilevati, non assimilabili per caratteristiche geologiche e stratigrafiche al terreno in situ, all'interno dei quali possono trovarsi materiali estranei quali residui di lavorazioni industriali e residui in generale, come, a mero titolo esemplificativo, materiali di demolizione, materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, conglomerati bituminosi e non, scorie spente, loppe di fonderia, detriti e fanghi di lavorazione e lavaggio di inerti.
3. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le matrici materiali di riporto, eventualmente presenti nel suolo di cui all’articolo 185, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono considerate sottoprodotti solo se ricorrono le condizioni di cui all'articolo 184-bis del citato decreto legislativo n. 152 del 2006.
3-bis. Il suolo, in presenza di materiali di riporto, qualora potenzialmente contaminato, viene caratterizzato con le modalità definite dall’allegato 2 al titolo V, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006, realizzando, in caso di superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (di cui alle colonne A e B della tabella 1 all’allegato V, Titolo V della parte IV, del decreto legislativo n.152 del 2006) eventuali approfondimenti analitici, mediante test di cessione, sul materiale di origine antropica contenuto nei riporti, al fine di individuare l’eventuale presenza di sorgenti di contaminazione.”.
2. Dalla presente disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art.26
(Norme di semplificazione in materia di Valutazione di Impatto Ambientale)
1. All'articolo 104 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente: “8 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 5 e 7 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale”.
2. All'articolo 109 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: “5 bis. Per gli interventi assoggettati a valutazione di impatto ambientale, nazionale o regionale, le autorizzazioni di cui ai commi 2 e 5 sono istruite e rilasciate dalla stessa autorità competente per il provvedimento che conclude il procedimento di valutazione di impatto ambientale.”.
Art.27
(Accelerazione e semplificazione del procedimento di Autorizzazione Integrata Ambientale)
1. Al fine di accelerare la definizione dei procedimenti di autorizzazione integrata e garantire il rispetto dei tempi di adozione dei relativi provvedimenti, al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 7, il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. In sede statale, l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il provvedimento di VIA e il parere motivato in sede di VAS sono espressi dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, che collabora alla relativa attività istruttoria. Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.”;
b) all’articolo 29-ter,
1) al comma 1, dopo la lettera l) è aggiunta la seguente: “l-bis) l’elenco delle autorizzazioni ambientali in concreto necessarie per l’attivazione dell’impianto.”;
2) il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. Allo scopo di favorire la completezza e la qualità delle istanze presentate dai proponenti, necessarie per assicurare tempi certi per lo svolgimento dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell'autorizzazione integrata ambientale, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, l'autorità competente verifica la conformità della stessa e della documentazione allegata. Per gli impianti di competenza statale la verifica è effettuata con riferimento al formato e alle modalità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 29-duodecies, comma 2. Qualora l'autorità competente ravvisi la non conformità della domanda ai sensi del periodo precedente, questa viene dichiarata improcedibile. Entro tre mesi dalla ricezione della comunicazione della improcedibilità, il proponente può rendere la domanda conforme ai sensi del primo periodo del presente comma. Qualora questo termine decorra inutilmente, l'istanza si intende ritirata. Sulla domanda che sia stata adeguata dal proponente entro e non oltre il termine di cui al periodo precedente, la nuova verifica di conformità è effettuata, nei tempi e nei modi di cui al primi due periodi del presente comma. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, d’intesa con la conferenza stato regioni su proposta del ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, è adottato, ai fini della verifica di conformità, il formato unificato per la presentazione all’autorità competente delle domande di autorizzazione integrata ambientale di competenza regionale”.
3) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti: “4-bis. Per le verifiche di cui al comma 4, nel caso di impianti di competenza statale, la verifica è effettuata dalla Commissione istruttoria per l’AIA-Ippc , che si può allo scopo avvalere dell’ISPRA, il quale vi provvede con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
4-ter. Tutti i termini previsti dalla legge o definiti dall’autorità competente, nell’ambito dei procedimenti finalizzati al rilascio o al diniego dell’autorizzazione integrata ambientale, si considerano in ogni caso perentori. Si considerano tali anche i termini stabiliti dal decreto con il quale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare disciplina lo svolgimento del procedimento di competenza della Commissione di cui all’articolo 8-bis.”;
c) all’articolo 29-quater,
1) al comma 3, il primo periodo è sostituito dal seguente: “L'autorità competente, ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge 7 agosto 1990, n. 241, una volta verificata l’idoneità della domanda ai sensi dell’art. 29-ter, comma 4, comunica l’avvio del procedimento indicando anche la data di conclusione del procedimento.”;
2) all’articolo 29-quater, comma 11, le parole “norme settoriali.” Sono sostituite dalle seguenti: “norme settoriali, nonchè tutti gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza dei servizi, elencati dal proponente ai sensi dell’art. 29-ter, comma 1, lett. h) del presente decreto. La durata delle singole autorizzazioni ambientali sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale è la medesima dell’autorizzazione integrata ambientale a cui accedono, come stabilita all’art. 29-octies, comma 1.”;
d) all’articolo 33, il comma 3-ter è sostituito dal seguente:“3-ter. Nelle more della emanazione dei decreti di cui al comma 3-bis, resta fermo quanto stabilito dal DM 24 aprile 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2008, in merito alle modalità, anche contabili, da applicare mentre i relativi importi sono raddoppiati.”.
CAPO VI
MISURE IN MATERIA DI AGRICOLTURA
Art.28
(Tenuta registro carico-scarico rifiuti cooperative agricole)
1. All’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, dopo il comma 3 è inserito il seguente comma: “3-bis. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, qualora obbligati alla tenuta del registro di carico e scarico, possono delegare alla loro tenuta la cooperativa agricola di cui sono soci e che abbia messo a loro disposizione un sito per il deposito temporaneo ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera bb). In tale circostanza la cooperativa può adottare un registro unico in cui vengono annotate il nome e la ragione sociale del socio produttore, la quantità e la qualità del rifiuto prodotto da ogni singolo socio.”.
Art.29
(Semplificazioni nel settore agricolo ed agroindustriale)
1. Alla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla Parte I dell’Allegato IV:
1) alla lettera m) sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “nonché i silos per i cereali”;
16
2) dopo la lettera v) è inserita la seguente: “v-bis) Impianti di essicazione di cereali, materiali vegetali e semi di potenza installata non superiore a 900.000 chilocalorie.”;
3) dopo la lettera kk) è aggiunta la seguente lettera: “ll) cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l’anno di uva”;
b) alla Parte II dell’Allegato IV:
1) alla lettera nn) sono soppresse le seguenti parole “in cui il numero di capi potenzialmente presenti è compreso nell’intervallo indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente tabella” ed è altresì soppressa la tabella di cui alla stessa lettera nn);
2) dopo la lettera v), è inserita la seguente: “v-bis: Impianti di essicazione di cereali, materiali vegetali e semi non ricompresi nella parte I del presente allegato.”;
3) dopo la lettera oo) è aggiunta la seguente lettera: “pp) cantine che trasformano fino a 1.000 tonnellate l’anno di uva”.”
2. I trasporti di rifiuti pericolosi e non pericolosi di propria produzione, effettuati direttamente dagli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, nei limiti e verso i centri di cui all’articolo 39, comma 9, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 e successive modifiche ed integrazioni, non sono considerati effettuati a titolo professionale e le imprese che li effettuano non necessitano di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,”.
3. Entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano procedono alla revisione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, con le risorse umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente, anche sulla base dell’analisi dei seguenti elementi:
a) il livello di inquinamento esistente;
b) la tipologia e consistenza delle attività svolte nelle aree che risultano compromesse;
c) le possibili fonti di pressione;
d) eventuali elementi e fonti naturali di inquinamento, preesistenti o indipendenti da quello antropico;
e) il rapporto di causa ed effetto tra i diversi fattori, vale a dire, l’individuazione di quanto ciascuno degli elementi (naturali o antropici) incide sull’inquinamento esistente o rischia di aggravarlo e, quindi, la tipologia ed il livello di inquinamento che ogni fonte di pressione è in grado di causare.
4. Decorso inutilmente il termine di cui al precedente comma 3, il Consiglio dei ministri esercita il potere sostitutivo per gli adempimenti di cui al medesimo comma 3, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.
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