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Le imprese e il Sistri: "Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo"
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Le imprese e il Sistri: "Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo"
Novantanove. Sono tanti i giorni che mancano alla partenza (parziale) del Sistri. Ma, a quasi due anni dai primi roboanti proclami, lo scenario che si presenta agli occhi dell’addetto ai lavori è davvero desolante. Dopo le note vicissitudini estive, che hanno messo in seria discussione la sopravvivenza stessa del sistema, il ministero ha appena dato inizio ad una serie di test, finalizzati alla verifica delle componenti tecniche, con il condivisibile intento di pervenire ad una sua complessiva semplificazione. Il primo di tali test si è svolto il 24 ottobre scorso nella totale indifferenza del mondo imprenditoriale, di quella platea di soggetti, cioè, che dovrebbe farne proprie le dinamiche in modo da essere pronta ad utilizzarlo in primavera. Una domanda si impone: perché le imprese, anche quelle a cui pure va riconosciuto un notevole sforzo nella fase di prima attivazione, si sono progressivamente allontanate dal Sistri? Tralasciando la cronica pessima comunicazione istituzionale del MATTM, che non fa menzione dei test nemmeno sul sito www.sistri.it, le ragioni di tale fallimento vanno ricercate in un clima di crescente incertezza e confusione che rende improponibile qualsiasi approccio pratico al sistema. Per dirla in modo chiaro: ad oggi, sul Sistri, non esiste un solo punto fermo. Non è dato conoscere la data di avvio del sistema. Le imprese fino a dieci dipendenti (che costutiscono gran parte dei soggetti obbligati) sono ancora in attesa del previsto decreto ministeriale1 che stabilisca il nuovo termine d’avvio del Sistri. La scadenza per l’emanazione era fissata all’11 settembre, ma, a tutt'oggi, del decreto non v’è traccia. Inoltre, è già iniziato, presso la commissione Ambiente della Camera dei deputati, l’esame di due identiche proposte di legge (3885 e 3989) che prevedono un ulteriore rinvio (il testo originario della norma ne proroga l’entrata in vigore, per tutti i soggetti, al 1 gennaio 2012, data da ridefinire perché superata da sopravvenuti interventi legislativi). Non è dato sapere come funzionerà il sistema. Come già evidenziato, sono in corso le previste verifiche tecniche delle componenti software e hardware del Sistri2, finalizzate anche all’”eventuale implementazione di tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste”. Si aggiunga a ciò la proposta di legge n. 4653, già all’esame della commissione Ambiente della Camera, in cui un non meglio identificato Sistema elettronico per il controllo dei rifiuti lungo la loro intera catena di gestione, genericamente denominato «Sistema» e tutto da definire, sostituisce il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) abrogato ai sensi del medesimo provvedimento (sic!). Non è dato conoscere quali sono i rifiuti soggetti a tracciabilità elettronica. Tra le novità annunciate a fine estate, v’è attesa anche per un ulteriore decreto ministeriale3, il quale dovrà fornire indicazioni circa le “tipologie di rifiuti, alle quali, in considerazione della quantità e dell’assenza di specifiche caratteristiche di criticità ambientale, sono applicate, ai fini del SISTRI, le procedure previste per i rifiuti speciali non pericolosi”. Non è dato conoscere i soggetti obbligati al sistema. In questo clima di imperante incertezza, vacillano anche i capisaldi stessi del sistema, che volevano assoggettati al Sistri tutti i gestori professionali di rifiuti speciali, a qualsiasi titolo coinvolti. Anche per trasportatori e recuperatori di rifiuti speciali, fino ad oggi saldamente vincolati al sistema, si aprono, infatti, spiragli per un possibile esonero. Tra le proposte di legge in esame alla Camera, la n. 4370 esclude dal novero dei soggetti obbligati “le imprese o gli enti […], indipendentemente dal numero dei dipendenti, qualora esercitino esclusivamente attività di produzione, raccolta e trasporto, operazioni di recupero, commercio o intermediazione di rifiuti urbani e di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da rottami di ferro, acciaio o ghisa ovvero da rottami non ferrosi, eccetto i veicoli fuori uso messi in sicurezza, gli altri rifiuti derivanti dalle attività di autodemolizione e di rottamazione di veicoli fuori uso e i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche”. Tutto questo per tacere di altre criticità non meno significative, quali il destino dei contributi già versati, il regime sanzionatorio ed il nodo da sciogliere su modalità e tempistiche per la comunicazione ambientale relativa all'anno corrente. Non può sorprendere, dunque, il comportamento attendista, quando non ostile, del mondo imprenditoriale italiano nei confronti del Sistri. Il destino di un sistema che dovrebbe costituire un presidio di legalità, da additare ad esempio ai partners europei, è nelle mani di un esecutivo che non riesce a fare chiarezza nemmeno sul "chi", sul "come" e sul "quando". Realizzato e gestito in un contesto che purtroppo balza agli onori delle sole cronache giudiziarie e nel quale la tutela dell’ambiente a volte pare essere l’ultimo dei problemi. 1 Art. 6, c.2, lett. f-octies del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 2 Art. 6, c.2, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. 3 Art.6, c.3, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. |
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