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raccolta differenziata
SistriForum - Il social network italiano sui rifiuti :: Questioni generali :: Classificazione :: Attribuzione del codice CER
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raccolta differenziata
Piatti e bicchieri in plastica “usa e getta” sono conferiti insieme agli imballaggi in plastica nella raccolta differenziata. Non si tratta di una possibilità, ma di un DOVERE per ogni cittadino, che deve evitare di gettarli nel cassone dell’indifferenziato, ottemperando in tal modo al dovere ambientale e anche economico di incrementare il riciclo di materiale.
Il Comitato di Coordinamento ANCI – CONAI, infatti, ha disposto che, a decorrere dal 1 maggio 2012, i piatti e i bicchieri in plastica usa e getta, tradizionalmente gettati nell’indifferenziato, siano rifiuti oggetto di raccolta differenziata come imballaggi in plastica.
Si parla, tuttavia, solo dei piatti e bicchieri che la Direttiva 2004/12/CE considera imballaggi. Tanto per capire, le posate e cucchiai dei distributori automatici e i piatti e bicchieri in plastica dura riutilizzabili vanno insieme all’indifferenziato, pronti ad inquinare il mondo!
L’Associazione Comuni italiani, il Consorzio nazionale imballaggi e il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica hanno ricordato che l’obbligo riguarda solo piatti e bicchieri monouso non quelli durevoli, anche se di plastica, e inoltre che tali prodotti devono essere privi di qualsiasi residuo solido e liquido e vanno svuotati totalmente prima del conferimento.
Il Comitato di Coordinamento ANCI – CONAI, infatti, ha disposto che, a decorrere dal 1 maggio 2012, i piatti e i bicchieri in plastica usa e getta, tradizionalmente gettati nell’indifferenziato, siano rifiuti oggetto di raccolta differenziata come imballaggi in plastica.
Si parla, tuttavia, solo dei piatti e bicchieri che la Direttiva 2004/12/CE considera imballaggi. Tanto per capire, le posate e cucchiai dei distributori automatici e i piatti e bicchieri in plastica dura riutilizzabili vanno insieme all’indifferenziato, pronti ad inquinare il mondo!
L’Associazione Comuni italiani, il Consorzio nazionale imballaggi e il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio e il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica hanno ricordato che l’obbligo riguarda solo piatti e bicchieri monouso non quelli durevoli, anche se di plastica, e inoltre che tali prodotti devono essere privi di qualsiasi residuo solido e liquido e vanno svuotati totalmente prima del conferimento.
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Data d'iscrizione : 10.01.12
RAEE formulario
L’accordo Anci – CdC RAEE, in vigore attualmente, è quello firmato lo scorso 28 marzo, che ha sostituito l’intesa del 2008.
Si prevede che gli obblighi di gestione a carico dei soggetti della filiera RAEE siano disciplinati dal D.Lgs. n. 151/05 e D.Lgs n. 152/06. La disponibilità giuridica dei RAEE, al momento del ritiro, si trasferisce in capo ai Sistemi collettivi, che ottemperano agli obblighi dei produttori stabiliti dal D.Lgs n. 151/05.
La detenzione e materiale disponibilità dei RAEE, nella fase del ritiro, viene trasferita direttamente dai Centri di raccolta agli operatori logistici, incaricati dai Sistemi collettivi, che rispondono alle condizioni previste per i gestori dalla normativa ambientale.
I formulari di identificazione dei rifiuti saranno compilati con l’indicazione espressa del Sottoscrittore, quale detentore del rifiuto, del Sistema collettivo quale intermediario senza detenzione del rifiuto, dell’operatore logistico quale trasportatore e dell’impianto di destinazione quale recuperatore/smaltitore.
Il rapporto intercorrente tra Sottoscrittori e Sistemi collettivi è costituito da un contratto di comodato.
Nel nuovo accordo sono previsti premi di efficienza, riconosciuti dai Sistemi collettivi al beneficiario – Sottoscrittore, quali premi per l’impegno del Sottoscrittore a conferire ai Sistemi Collettivi tutti i RAEE raccolti.
Il riconoscimento ha luogo a tali condizioni:
incondizionata apertura di almeno un Centro di raccolta nel comune;
raggiungimento di un tasso di raccolta cumulato di R2 sommato ad R4 non inferiore a 20 punti percentuali in meno rispetto alla media del tasso di raccolta italiano effettuato dai medesimi raggruppamenti;
peso netto dei RAEE, ritirati per il singolo viaggio presso il centro di raccolta, sia almeno pari alla soglia di “buona operatività”.
Il meccanismo dell’incentivazione intende promuovere l'apertura dei Centri di raccolta ai conferimenti dei RAEE ritirati dalla distribuzione in modalità “uno contro uno”. I Centri di raccolta potranno, nel caso, sperare nel premio, senza dover necessariamente raccogliere, come prima, almeno 50 tonnellate di RAEE all’anno.
Mira, poi, a promuovere il riciclaggio per le tipologie di RAEE R4 (piccoli elettrodomestici e apparecchiature IT), R2 (grandi elettrodomestici) e R5 (sorgenti luminose).
Si prevede che gli obblighi di gestione a carico dei soggetti della filiera RAEE siano disciplinati dal D.Lgs. n. 151/05 e D.Lgs n. 152/06. La disponibilità giuridica dei RAEE, al momento del ritiro, si trasferisce in capo ai Sistemi collettivi, che ottemperano agli obblighi dei produttori stabiliti dal D.Lgs n. 151/05.
La detenzione e materiale disponibilità dei RAEE, nella fase del ritiro, viene trasferita direttamente dai Centri di raccolta agli operatori logistici, incaricati dai Sistemi collettivi, che rispondono alle condizioni previste per i gestori dalla normativa ambientale.
I formulari di identificazione dei rifiuti saranno compilati con l’indicazione espressa del Sottoscrittore, quale detentore del rifiuto, del Sistema collettivo quale intermediario senza detenzione del rifiuto, dell’operatore logistico quale trasportatore e dell’impianto di destinazione quale recuperatore/smaltitore.
Il rapporto intercorrente tra Sottoscrittori e Sistemi collettivi è costituito da un contratto di comodato.
Nel nuovo accordo sono previsti premi di efficienza, riconosciuti dai Sistemi collettivi al beneficiario – Sottoscrittore, quali premi per l’impegno del Sottoscrittore a conferire ai Sistemi Collettivi tutti i RAEE raccolti.
Il riconoscimento ha luogo a tali condizioni:
incondizionata apertura di almeno un Centro di raccolta nel comune;
raggiungimento di un tasso di raccolta cumulato di R2 sommato ad R4 non inferiore a 20 punti percentuali in meno rispetto alla media del tasso di raccolta italiano effettuato dai medesimi raggruppamenti;
peso netto dei RAEE, ritirati per il singolo viaggio presso il centro di raccolta, sia almeno pari alla soglia di “buona operatività”.
Il meccanismo dell’incentivazione intende promuovere l'apertura dei Centri di raccolta ai conferimenti dei RAEE ritirati dalla distribuzione in modalità “uno contro uno”. I Centri di raccolta potranno, nel caso, sperare nel premio, senza dover necessariamente raccogliere, come prima, almeno 50 tonnellate di RAEE all’anno.
Mira, poi, a promuovere il riciclaggio per le tipologie di RAEE R4 (piccoli elettrodomestici e apparecchiature IT), R2 (grandi elettrodomestici) e R5 (sorgenti luminose).
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terre e rocce da scavo - modifiche al D.Lgs n. 152/06
Il Senato, in seguito all’esame del ddl 3162 in seconda lettura, ha approvato il 9 maggio il disegno di legge con il titolo “Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e altre disposizioni in materia ambientale”.
All’art. 13 del testo così emendato si dispone sull’utilizzo delle terre e rocce da scavo che: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse, o comunque esaurite, collocate all’interno dei siti di interesse nazionale, possono essere utilizzati nell’ambito delle medesime aree minerarie per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, a condizione che la caratterizzazione di tali materiali, tenuto conto del valore di fondo naturale, abbia accertato concentrazioni degli inquinanti che si collocano al di sotto dei valori di cui all’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione della destinazione d’uso e qualora risultino conformi al test di cessione da compiere con il metodo e in base ai parametri di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e successive modificazioni.
Le aree sulle quali insistono i materiali di cui al comma 1, ricorrendo le medesime condizioni ivi previste per i suoli e per le acque sotterranee, sono restituite agli usi legittimi. Ai fini di tale restituzione, il soggetto interessato comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare i risultati della caratterizzazione, validati dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) competente per territorio, che si avvale anche delle banche dati di enti o istituti pubblici”.
All’art. 14 del medesimo disegno di legge si prevede la condizione del riutilizzo dei residui di estrazione e di lavorazione di marmi e di lapidei nell’ambito delle aree di estrazione e delle relative aree di lavorazione, in sostituzione dei materiali di cava per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati e per interventi di recupero ambientale. La loro caratterizzazione, tenuto conto del valore di fondo naturale e della forma chimico-fisica delle sostanze, abbia accertato concentrazioni degli inquinanti che si collocano al di sotto dei valori di cui all’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione delle destinazioni d’uso, possono essere utilizzati.
Si dispone, poi, che possono essere utilizzati, nell’ambito delle medesime aree anche i fanghi di lavorazione di marmi e lapidei, purché, a seguito di analisi effettuata dall’ARPA competente, sia accertato che i valori risultanti rientrano nei limiti di cui alla colonna B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
La legge n. 27 del 24 marzo 2012 di conversione del D.L. n.1/2012 (c.d. liberalizzazioni) all’art. 49 prevede che “L'utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. 1-ter. All'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e' abrogato l'articolo 186».1-quater. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
In fase di conversione in legge del decreto liberalizzazioni era stato proposto alla Camera un emendamento che disponeva l’inserimento nell’art. 49 di un comma 2, così formulato: “Sono da considerare sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nelle more dell'emanazione del decreto del ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 2 dello stesso articolo, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, prodotte nell'esecuzione di opere, anche se contaminate o mischiate, durante il ciclo produttivo, da acqua ovvero da materiali, sostanze o residui di varia natura, quali calcestruzzo, bentonite, Pvc o vetroresina derivanti dalle tecniche e dai materiali utilizzati per poter effettuare le attività di evacuazione escavazione con tecniche tradizionali o meccanizzate, perforazione, prerivestimento, rivestimento, consolidamento dello scavo e costruzione ed impiegate, senza alcuna trasformazione diversa dalla normale pratica industriale, intendendosi per tale anche selezione granulometrica, riduzione volumetrica, stabilizzazione a calce o a cemento, essiccamento, biodegradazione naturale degli additivi condizionanti, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione che preveda la loro ricollocazione secondo le modalità stabilite nel progetto di utilizzo approvato dalle Autorità competenti anche ai fini ambientali ed urbanistici e nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di tabella 1, allegato 5, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.
Sarebbe stata una liberalizzazione totale! Ma, alla fine, si torna indietro e il testo è soppresso ad opera del Senato (c.d. maxiemendamento).
Il progetto è ora in versione molto ridimensionata, riguardando il riutilizzo dei materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse, o comunque esaurite, collocate all’interno dei siti di interesse nazionale.
All’art. 13 del testo così emendato si dispone sull’utilizzo delle terre e rocce da scavo che: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, i materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse, o comunque esaurite, collocate all’interno dei siti di interesse nazionale, possono essere utilizzati nell’ambito delle medesime aree minerarie per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali, a condizione che la caratterizzazione di tali materiali, tenuto conto del valore di fondo naturale, abbia accertato concentrazioni degli inquinanti che si collocano al di sotto dei valori di cui all’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione della destinazione d’uso e qualora risultino conformi al test di cessione da compiere con il metodo e in base ai parametri di cui al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e successive modificazioni.
Le aree sulle quali insistono i materiali di cui al comma 1, ricorrendo le medesime condizioni ivi previste per i suoli e per le acque sotterranee, sono restituite agli usi legittimi. Ai fini di tale restituzione, il soggetto interessato comunica al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare i risultati della caratterizzazione, validati dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) competente per territorio, che si avvale anche delle banche dati di enti o istituti pubblici”.
All’art. 14 del medesimo disegno di legge si prevede la condizione del riutilizzo dei residui di estrazione e di lavorazione di marmi e di lapidei nell’ambito delle aree di estrazione e delle relative aree di lavorazione, in sostituzione dei materiali di cava per reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati e per interventi di recupero ambientale. La loro caratterizzazione, tenuto conto del valore di fondo naturale e della forma chimico-fisica delle sostanze, abbia accertato concentrazioni degli inquinanti che si collocano al di sotto dei valori di cui all’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in funzione delle destinazioni d’uso, possono essere utilizzati.
Si dispone, poi, che possono essere utilizzati, nell’ambito delle medesime aree anche i fanghi di lavorazione di marmi e lapidei, purché, a seguito di analisi effettuata dall’ARPA competente, sia accertato che i valori risultanti rientrano nei limiti di cui alla colonna B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
La legge n. 27 del 24 marzo 2012 di conversione del D.L. n.1/2012 (c.d. liberalizzazioni) all’art. 49 prevede che “L'utilizzo delle terre e rocce da scavo è regolamentato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il decreto di cui al comma precedente, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, stabilisce le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo sono considerate sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006. 1-ter. All'articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all'articolo 49 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, e' abrogato l'articolo 186».1-quater. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
In fase di conversione in legge del decreto liberalizzazioni era stato proposto alla Camera un emendamento che disponeva l’inserimento nell’art. 49 di un comma 2, così formulato: “Sono da considerare sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, nelle more dell'emanazione del decreto del ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare di cui al comma 2 dello stesso articolo, le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, prodotte nell'esecuzione di opere, anche se contaminate o mischiate, durante il ciclo produttivo, da acqua ovvero da materiali, sostanze o residui di varia natura, quali calcestruzzo, bentonite, Pvc o vetroresina derivanti dalle tecniche e dai materiali utilizzati per poter effettuare le attività di evacuazione escavazione con tecniche tradizionali o meccanizzate, perforazione, prerivestimento, rivestimento, consolidamento dello scavo e costruzione ed impiegate, senza alcuna trasformazione diversa dalla normale pratica industriale, intendendosi per tale anche selezione granulometrica, riduzione volumetrica, stabilizzazione a calce o a cemento, essiccamento, biodegradazione naturale degli additivi condizionanti, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione che preveda la loro ricollocazione secondo le modalità stabilite nel progetto di utilizzo approvato dalle Autorità competenti anche ai fini ambientali ed urbanistici e nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di tabella 1, allegato 5, parte IV, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni.
Sarebbe stata una liberalizzazione totale! Ma, alla fine, si torna indietro e il testo è soppresso ad opera del Senato (c.d. maxiemendamento).
Il progetto è ora in versione molto ridimensionata, riguardando il riutilizzo dei materiali di scavo provenienti dalle miniere dismesse, o comunque esaurite, collocate all’interno dei siti di interesse nazionale.
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